Non so se sia capitato anche a voi. Di terminare un libro e di restare a metà tra la soddisfazione e l’insoddisfazione senza un motivo ben preciso. Lo tenete in mano. Lo sfogliate e risfogliate. Rileggete qualche pagina. Sbuffate e storcete

la bocca. La storia è ben costruita, i vari tasselli si incastrano abbastanza bene, il colpo finale a sorpresa c’è. Eppure, eppure manca qualcosa. Oppure, ecco, c’è qualcosa di troppo. 

E’ quello che mi è capitato leggendo Una piccola storia ignobile di Alessandro Perissinotto, BUR 2007, la cui protagonista Anna Pavesi è una delle tante detective per caso sparse nella letteratura gialla che non hanno trovato fortuna nei rapporti amorosi (vedere mio articolo “Disgrazie e sesso della detective lady nel romanzo poliziesco”). In sintesi stringata “I resti dell’avvelenata campagna intorno a Milano sono avvolti dal buio

mentre Anna Pavesi, una psicologa trentottenne che tira avanti con qualche consulenza per una cooperativa, scava nella terra gelata. Cerca di venire a capo di un’indagine insolita che Benedetta Vitali, nome noto della Milano bene, le ha affidato qualche giorno prima per ricostruire gli ultimi mesi di vita di una sorellastra dimenticata per anni e poi ricomparsa tragicamente, uccisa da un’auto pirata su una strada di campagna. Anna non è una detective ma è a corto di soldi e accetta l’incarico che la porterà in un labirinto di equivoci, emarginazione e ripensamenti, nella brutale normalità di una piccola storia ignobile”.

Così questa storia del cadavere scomparso nella bara intrecciata e legata alla storia affettiva personale della protagonista convince e non convince. Convince abbastanza sul piano della struttura narrativa (con qualche ingenuità), su quello delle osservazioni critiche alla nuova società e dell’affetto sincero per Bergamo Alta che si fa bella con i rintocchi delle campane.  Meno sul piano della credibilità psicologica e dell’impatto emotivo sul lettore. Questa Anna Pavesi così indecisa da tradire (in effetti non è un vero e proprio tradimento essendo separata) l’ex marito Stefano con il dottor Marco Callegari e dopo poco tradire (e questa volta sul serio) il nuovo compagno proprio con Stefano subito dopo avere visto un film porno, pare poco convincente. Una forzatura. Almeno per il sottoscritto. Di Anna Pavesi resta la fragilità, l’insicurezza emotiva un po’ esteriore che non arriva al pathos, al coinvolgimento emotivo. E poi troppi pensieri, troppe elucubrazioni. Troppe parole. Non so come spiegarmi ma certi libri hanno  incorporato il numero giusto di parole. Quelle essenziali. Altri libri ne hanno in sovrabbondanza. Meglio fugaci accenni. Il detto e il non detto. Magari il silenzio. La bellezza del silenzio. Ma capisco che sia una questione di gusti.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it