Oggi parto dall’autore, anzi dall’autrice. Da Elizabeth Daly. E non perché sia stata la scrittrice americana (1879-1967) preferita da Agatha Christie. E già questo, comunque, costituirebbe un discreto viatico. Ma perché solo nel 1940, a sessanta anni suonati, pubblica il suo primo romanzo. Come a dire che c’è speranza per tutti. Anche per il sottoscritto. Elizabeth nasce a New York da una ricca e potente famiglia. Il padre è addirittura giudice alla corte suprema di New York e lo zio commediografo, regista e produttore teatrale. Si laurea alla Columbia University, insegna per alcuni anni nello stesso College che ha frequentato da studentessa, si dedica al teatro ed infine, come ho detto, si butta sul giallo dopo essersi esaltata alla lettura di Wilkie Collins. In poco tempo sforna un bel po’ di romanzi che hanno come protagonista principale quell’Henry Gamadge, giovane sui trent’anni, che ritroveremo anche in questa storia. Procurandosi nel 1960 il prestigioso premio Edgar dedicato a tutta la sua produzione.

“Questa storia” è Morte al telefono pubblicata dalla Polillo editore nel 2006. Vediamo in sintesi stringata di che cosa si tratta “Una busta appallottolata viene raccolta dal postino davanti alla casa dell’illustre famiglia Fenway, a New York. La busta reca l’indirizzo di Henry Gamadge, grande esperto di libri e manoscritti antichi e a tempo perso investigatore dilettante, e contiene un biglietto anonimo sul quale sono scritte poche parole apparentemente senza senso”, cioè “Si raccomanda una visita urgente per esaminare interessanti curiosità letterarie. Discrezione”. Chi l’ha scritto e perché è stato abbandonato nella strada in mezzo alla neve? Gamadge vuole vederci chiaro, insieme al suo “assistente” Harold Bantz. Urge un contatto con la famiglia Fenway. Contatto reso possibile da Miss Robina Vauregard, zia di Clara, moglie di Gamadge, che conosce bene tale famiglia  così composta: Blake Fenwey il “capo”, sua figlia Caroline, la vedova del fratello Belle sulla sedia a rotelle, suo figlio Alden malato di mente, il suo assistente Craddock, il cugino Mott, la dama di compagnia di Belle Mrs Grove e la sua giovane nipote Hilda. Dal signor Blake Fenway viene a sapere che una veduta a colori di Fenbrook, l’antica dimora dei Fenway, è stata strappata da un libro di grande valore. Gamadge ritiene che il furto sia avvenuto dopo che il libro è stato portato da poco nella nuova casa. Colloquio con il cugino Mott. Famiglia divisa in due parti o schieramenti. Episodio del cane di Caroline trovato morto sulla strada con la testa sfondata. Secondo Mott chi ha strappato la tavola e ucciso il cane è stato Alden e di notte qualcuno si aggira furtivamente per la casa. Il quale Mott cade (almeno così sembra) dalla finestra della sua camera e muore. Colloquio con Caroline che ha paura di Alden. Nel frattempo arrivano altri due biglietti nel cestino di carta straccia in casa Fenwey. Per esser più precisi un orario ferroviario con una prima freccia che indica Rockliffe, una località vicina alla casa di campagna di questa famiglia, e poi un altro orario ferroviario con una seconda freccia che va verso un’altra direzione. Viene uccisa Mrs. Grove. Da Alden (sembra) che vuole difendere sua madre dall’aggressione dalla suddetta Mrs. Grove. La quale ricattava Belle con la minaccia di far scattare una trappola mortale per Hilda (così è…se vi pare). E qui mi fermo per non complicare ancora di più una storia già di per sé complicata.

Soffermiamoci, invece, su Gamadge. Pochi accenni. Fuma (abbastanza), beve all’occasione (whisky con soda), allegro, divertente “Gamadge si sforzò di vivacizzare un po’ la festicciola che (con l’eccezione di Clara) prometteva di rivelarsi alquanto solenne…Versò cocktail, distribuì tartine e tentò di introdurre una nota di frivolezza nell’intero procedimento”. Molto preso da questo mistero “Quel nuovo caso, se era in effetti un caso, suscitava in lui un senso di oppressione e timore”. Consapevole delle sue capacità “Il mio è un tipo di cervello estremamente seccante, sa, continua a rimuginare su una questione quando menti meno importune sono pronte a lasciar perdere già da tempo”. Con un pizzico di vanità. Rivolto ad Harold “Ne sai quanto me, quindi puoi trarre le mie stesse conclusioni…se il tuo cervello funziona come il mio”. Ogni tanto la sua mente sembra vagare per conto suo “Gamadge era appoggiato allo schienale della poltrona, le gambe accavallate, e dalla sua sigaretta si alzava una tremula spirale azzurrina che poi si trasformava in un fungo grigio. Sembrava non badare alle parole dell’interlocutore, aveva gli occhi semichiusi e un’espressione assorta”. Non vuole denaro. Perché? “Be’, mi piacciono gli enigmi” risponde a Mott. Nel complesso una figura piuttosto scialba (anche con il sorriso stampato sulle labbra). Almeno in questo libro.

 

Sito dell’autore www.libridiscachi.135.it