– Non siete mica in Inghilterra. Qui gli uffici della posta non hanno diligenze o veicoli al servizio dei viaggiatori.– E l’uomo con la barba rossa, lo straccione salito sulla carrozza di prima classe del treno?– Quale uomo?
–Il signor Sergio Fifrakoff, che ha preso la camera accanto alla nostra–.
– Sergio Fifrakoff? E’ un mercante ricchissimo.
– Ricchissimo!
–Sì, tre o quattro volte milionario–.
– E perché veste come un mendicante?
– Da noi ognuno indossa gli abiti che preferisce.
Sherlock Holmes sorrise. A quel punto voleva dar fuoco al colpo conclusivo. Ci condusse nella stanza del mercante e picchiò con le nocche delle dita sulla parete.
– Che cosa vi sembra di questo muro? Vi è o no un vuoto, un uscio, un corridoio segreto?
– Ma voi sognate. Tutte le pareti delle case di Pietroburgo hanno nel mezzo un vuoto. I nostri ingegneri costruiscono le pareti con due file di sottili mattoni, l’una scostata dall’altra, poi riempiono con macerie lo spazio in mezzo. Con l’andar del tempo le macerie cedono e rimane il vuoto.
Sherlock Holmes era rosso come un tacchino. S’era spazientito e un filo si vergognava.
– Sappiate – disse infine – che a Zarskoie Selo ho imbucato una lettera al mio indirizzo, ma non vi è mai arrivata, e che qui ho cercato la linea del telefono per mezz’ora senza ottenere alcuna risposta dalla centrale…
– Ma, a dire il vero, da noi è sempre così. Ci siamo talmente abituati che ci stupirebbe il caso contrario!
Sherlock Holmes non si raccapezzava più. La sua dura testa inglese non sapeva capacitarsi di come un conte potesse accompagnare una donna di mondo alla stazione nella propria carrozza, un macchinista delle ferrovie essere ubriaco durante il lavoro, i ponti provinciali fatti apposta per non passarvi sopra e le pareti delle case vuote nel mezzo. E gli sembrava ancora più impossibile, come forse a ogni altro inglese, che le lettere non giungessero al loro indirizzo e gli impiegati del telefono non facessero il loro dovere…
Quando il mio amico ebbe sbrigato la faccenda a causa della quale ci eravamo recati nell’impero dello zar, mi raggiunse nella nostra camera e mi disse malinconicamente:
– Ah, caro Watson, la Russia è un Paese bizzarro! Riponete la rivoltella nel baule, non ne abbiamo davvero bisogno…
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