«No, non ucciderò Salvo Moltalbano. La sua sarà solo una morte letteraria». Andrea Camilleri però non svela come uscirà di scena il commissario più amato dagli italiani. Magari andrà anzitempo in pensione e si ritirerà a fare l’apicoltore, come giusto un secolo fa fece il suo quasi collega Sherlock Holmes.
Passarono dieci anni da quel 1906 e l’inquilino di Baker Street abbandonò il miele per tornare in campo, in mezzo alla guerra, sotto le mentite spoglie di un certo Altamont, questa volta agente dell’Intelligence Service di Sua Maestà. Era il secondo ritorno. Sir Arthur Conan Doyle, che non ne poteva più di quel pedante cocainomane che “gli impediva di pensare a cose migliori”, lo aveva addirittura ammazzato nel 1891 ne “Il problema finale”, facendolo precipitare, abbracciato al suo mortale nemico il professor Moriarty, dalle cascate di Reichenbach in Svizzera. A furor di popolo, dovette farlo risorgere e ricomparire, tra l’altro a Firenze, in La casa vuota nel 1893. Conan Doyle morì nel 1930, Sherlock Holmes forse è ancora vivo.
Non sembra essere il caso di Camilleri e Montalbano, ma spesso i rapporti tra autore e personaggio seriale diventano pessimi e, se non terminano con una separazione consensuale, capita che sfocino nel delitto. Accadde alla stessa Agatha Christie che ammazzò il suo investigatore belga, paffuto e maniacale, Hercule Poirot molto presto. Anzi, il suo è un caso, probabilmente unico, di un assassino che muore prima della sua vittima. Già, perché la Christie, definita da Winston Churchill "la donna che, dopo Lucrezia Borgia, è vissuta più a lungo a contatto col crimine”, aveva assassinato Poirot con largo anticipo, sembra a metà degli anni Trenta. Ma il romanzo Il sipario restò, per volontà dell’autrice, nei cassetti dell’editore per uscire postumo. E così, Poirot morì ufficialmente solo nel 1975, stando al necrologio che pubblicò il «Times».
L’odio che, a volte, nasce tra lo scrittore e la sua creatura è stato rappresentato magistralmente da Stephen King in Misery, da cui fu tratto un celebre film. E’ la storia di uno scrittore, Paul Sheldon, che nel suo ultimo libro fa morire la sua eroina, tal Misery Chastain, suscitando le ire dell’appassionata quanto psicopatica fan Annie Wilkes, che sequestra lo scrittore e lo sottopone alle più terribili torture per convincerlo a farla rinascere.
Pessimi, almeno a un certo momento, anche i rapporti tra Loriano Macchiavelli e il “suo” ispettore Antonio Sarti, che nel 1987 si becca una pallottola in testa e sembra stecchito. Salvo ricomparire ne “I sotterranei di Bologna” nel 2002. Sembra che anche tra Simenon e Maigret non corresse buon sangue, ma lo scrittore franco-belga apprezzava troppo quanto gli faceva guadagnare il suo commissario della Sureté e lo fece vivere per settantacinque romanzi.
Certamente, oltre alla questione letteraria di cui sopra, Montalbano sta per perdere Luca Zingaretti, che lo ha intepretato benissimo finora, e che ha fatto sapere che non ha più intenzione di girare altre storie del commissario di Vigata. Per ora non ci resta che godere l'ultima avventura girata da Zingaretti e che il 14 marzo sarà in prima serata su Raiuno: Il gioco delle tre carte. Per il resto dovremo attendere nuovi sviluppi.
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