la spada dalla parete cui era affissa (l'avrei rimessa subito dopo terminato il rito) la gallina, rinchiusa in un sacco che tenevo con l'altra mano, nel suo agitarsi convulso riuscì a sfuggirmi di mano ed iniziò a correre per il museo. Allora tolsi il fodero alla spada, che nel frattempo mi era caduta per terra, e rincorsi la mia gallina, riuscendo alla fine a stordirla con un colpo. La perdita di tempo non era prevista; la mezzanotte era prossima e dovevo fare in fretta. Perciò non persi ulteriormente tempo a recuperare il fodero e a pulire la sala dal sangue e dalle piume perse dal volatile; l'avrei fatto comodamente una mezz'ora più tardi. Giunto nel mio tempio segreto ed accesi gli incensieri propiziatori iniziai a recitare le formule magiche ed uccisi la gallina. Fu a questo punto che notai che il manico della spada si era leggermente aperto, probabilmente a causa della caduta, su, nella sala, e vidi anche che conteneva una strana polverina bianca. Pensai si trattasse di una qualche polvere magica; provai ad annusarla ma quello fu il mio più grande errore: dopo appena una sniffata ebbi quella spaventosa visione: lo spirito del grande Takeshi, venuto a punirmi per la mia profanazione. Ero terrorizzato, mi misi a scappare, ma non ressi per molto e ben presto caddi svenuto. Il mattino seguente ero ancora sconvolto quando siete arrivati voi e mi avete arrestato. Ma io sapevo che avrei potuto calmare l'ira di Takeshi solo rimediando al mio errore; così ieri notte, visto che ero stato rilasciato, sono corso di nuovo nel tempio per rimettere a posto la spada, poi arrivato là ho trovato questo pazzo scalmanato che mi è saltato addosso e mi ha immobilizzato!» Nessuno dei presenti, udita la confessione del guardiano, aveva osato pensare ad una storia simile; era comunque chiaro che egli stesse dicendo la verità, perché ogni particolare del suo racconto combaciava con gli indizi ritrovati. Così fu ritirata la denuncia a suo carico e l'unica pena per lui fu il pagamento di una piccola penale che il signor William Berger gli detrasse dallo stipendio.Holmes andò via dal museo sbalordito e seccato per la piega che tutta la vicenda aveva assunto. Ne avrebbe voluto parlare con Watson, ma quella mattina non si era fatto sentire. In realtà quando il buon dottore era tornato a casa, verso le quattro del mattino, con l'aria stravolta, inzaccherato e maleodorante e per di più con una donna nuda tatuata sull'avambraccio destro («Accidenti alla pignoleria di Holmes!» avrebbe detto tra sé) aveva avuto un litigio con sua moglie, la quale stentava a credere al racconto dello straordinario complotto che aveva contribuito a svelare. In realtà egli non poté neanche dimostrare la verità, perché la faccenda fu messa a tacere nei riguardi della stampa per non allarmare la popolazione. Fu solo verso la sera del giorno dopo che il dottor Watson passò a salutare il suo amico Sherlock Holmes rimproverandolo bonariamente per essere stata la causa indiretta del suo litigio. Aggiunse comunque che era contento per il fatto che tutto era andato a finire per il meglio. «Ne è totalmente convinto, mio carissimo amico e collega?» chiese ad un certo punto Holmes. «Certo, perché, lei ha ancora qualche riserva?» «Uhm… non saprei. Oggi pomeriggio sono passato a Scotland Yard per sapere cosa ne avevano fatto della fabbrica di birra Dream. L'ispettore Gregson mi ha detto che tutto l'impianto era stato smantellato ed il capannone messo sotto sequestro. Una cosa mi ha lasciato perplesso: quando è stato svuotato il calderone ad imbuto in cui è precipitato il professor Moriarty, tutto quello che è stato ritrovato sul fondo sono stati una grossa chiave inglese ed i miei pantaloni. Del corpo del nostro nemico, neanche una traccia!» «Beh, non è il caso di allarmarsi! Probabilmente qualcuno dei suoi uomini l'ha tirato fuori per dargli degna sepoltura; in fondo, da quanto lei stesso mi ha raccontato, là dentro c'era ancora del liquido bollente! Non può essersi salvato!» «È vero, ma non crede che per tirarlo fuori sarebbe stato più opportuno svuotare prima il recipiente?» Watson guardò il suo amico pensieroso mentre questi si accingeva ad accendersi la sua pipa preferita. Nessuno dei due fece più menzione all'episodio e ben presto passò loro di mente.
Sherlock Holmes e il caso del samurai fantasma
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