Samuel Dashiell Hammett, il selvaggio di San Francisco, l’artefice dei private eyes e di tutta una generazione di duri disincantati, cinici e a modo loro romantici: ma chi era realmente costui ? Per i cultori e gli appassionati lettori di storie dell’Hard Boiled americana ne ha impersonificato il fondatore, il simbolo vivente, richiamandone alla mente le atmosfere cupe di un’ America anni venti/trenta pericolosa e corrotta, popolata da tipi duri e risoluti, sempre pronti a sparare per primi e a buttar giù l’ultimo goccio prima di uscire in strada, accompagnati per lo più da bionde dallo sguardo languido avvolte in lunghi abiti fasciati, alla perenne ricerca del diavolo protettore di turno o del pollo da spennare senza pietà. Per Raymond Chandler, che di Hammett fu nell’ordine: lettore accanito, discepolo fedele, collega negli anni gloriosi di Black Mask e dei Pulp Magazine e infine colui che lo celebrò nell’ indimenticabile saggio La semplice arte del delitto, rappresentò l’ispiratore, il Maestro,l’inventore della narrativa poliziesca d’azione, quello che “ha restituito il delitto alla gente che lo commette per ragioni concrete, e non per fornire un cadavere a dei lettori…” (lettera a Cleve F. Adams, 4 sett. 1948).
Per Lilliam Hellman, sua compagna per più di trent’anni dopo la separazione dalla moglie, fu un uomo che aveva scelto la strada dell’onore fin da giovanissimo e aveva saputo attenersi ai suoi principi per tutta la vita con ostinazione e fierezza; capace di ridersela dei guai e dei dolori che la vita non gli risparmiò. Una sorta di santo-peccatore di ispirazione dostojewskiana appartenente ad una generazione di scrittori geniali. Per i compagni d’armi che divisero con lui l’inferno delle Aleutine durante la seconda Guerra Mondiale, dove Hammett fu dislocato dall’esercito dopo essere riuscito sorprendentemente a farsi arruolare all’età di quarantotto anni e nonostante le vistose cicatrici che gli segnavano i polmoni a causa della tubercolosi che aveva iniziato a manifestarsi prima ancora dei trent’anni, fu una specie di leggenda vivente, un grande vecchio la cui forza d’animo e di carattere ne facevano una figura di riferimento per tutti, tanto che dividere insieme la stessa baracca costituiva un irrinunciabile privilegio. Per Ellery Queen fu colui che “ci ha dato per primo un Giallo americano al cento per cento. Non ha inventato un tipo nuovo di storie poliziesche, ma ha inventato un modo nuovo per raccontarle” (da Il romanzo giallo, S.Benvenuti, G.Rizzoni, ed. Mondatori 1979). Per Joseph T. Shaw, risoluto e innovativo direttore di Black Mask che lo scoprì tra le pagine delle riviste popolari dei primi anni venti e se ne assicurò la proficua collaborazione usandolo come cardine del suo progetto di revisione del genere poliziesco, fu un autore brillante e originale i cui “racconti erano scritti con un’ insolita specie di “necessità e di autenticità”. Peculiarità, queste due ultime, che derivavano direttamente dal carattere proprio dell’ uomo. Hammett scriveva, come capita ad alcuni, per soddisfare una necessità primaria, un bisogno naturale, piuttosto che per seguire ambizioni letterarie, tendenza peraltro diffusa. A conferma di ciò il fatto che smise di farlo quando sentì che la sua vena si andava esaurendo, risparmiando a sé stesso e al pubblico improbabili e tediosi tentativi di tenerla in vita, com’è accaduto purtroppo a tanti altri autori. Scrivere era il modo di esprimersi più completo, più consono al suo carattere introverso e solitario, perfezionista ed essenziale, sempre alla ricerca del percorso più breve tra due punti (“la frase migliore? la più corta”); scrivendo, inoltre, poteva dare sfogo ad una attenzione e ad una cura molto spinta del dettaglio, della parola all’interno di ogni frase e dell’armonia di ogni frase all’interno del periodo, sempre e comunque alla ricerca della massima funzionalità con il minimo impiego lessicale e di immagini, tendendo a quello stile asciutto, sintetico ed efficace che ha sempre contraddistinto la sua prosa. L’autenticità riscontrata dal cap. Shaw, poi, era dovuta al fatto che le storie che scriveva,tutto sommato, non erano altro che degli sviluppi romanzati di quei rapporti che aveva presentato ai suoi superiori nel corso degli anni trascorsi a lavorare per la Pinkerton, la prima e la maggiore agenzia investigativa americana. Marginale del tutto o quasi, dunque, l’esercizio delle fantasia in queste storie , ma presente piuttosto quello dei ricordi e di un incisivo stile personale. Aveva iniziato a sentire la necessità di scrivere, quando nel 1921 ancora lavorava per la Pinkerton, e aveva iniziato a soddisfarla buttando giù i resoconti dei casi che capitavano a lui e ai suoi colleghi.. Quei rapporti, scarni e del tutto privi di fronzoli letterari gli avrebbero fornito il materiale che gli sarebbe tornato utile negli anni a venire e servirono a delineare meglio le caratteristiche della sua forma espressiva. Hammett, riconosciuto oggi come uno dei grandi scrittori americani, non può essere definito un autore particolarmente prolifico dal momento che, oltre ai racconti pubblicati a partire dal 1922 su varie riviste popolari, la sua opera di romanziere si sviluppa nel breve arco di 5 anni, dal 1929 al 1934, con cinque romanzi (Piombo e sangue,1929, Il Bacio della violenza,1929, Il Falcone Maltese,1930, La chiave di vetro,1931, L’Uomo Ombra,1934) e un sesto lasciato incompiuto(Tulip, autobiografico e pubblicato postumo nel 1966), ma sicuramente fu un lettore onnivoro e curioso di tutto, oltre che un insaziabile autodidatta. Passava con lo stesso interesse dai manuali tecnici ai testi di filosofia, dai trattati naturalistici e di antropologia ai libri di storia e al teatro, con uno spiccato interesse per la matematica. Leggeva per imparare, sempre desideroso di ampliare la sua comprensione a tutti i campi della conoscenza in cui riusciva ad approdare. Amava la musica e l’arte ed egli stesso si dilettava a dipingere. Dopo l’enorme successo riscosso dal Falcone maltese, il suo terzo romanzo, Hammett si trasferisce a Hollywood (1930) per sceneggiarlo su proposta della Warner Bros che ne aveva acquistato i diritti. Inizia così il suo periodo come soggettista e sceneggiatore che continuerà per tutti gli anni trenta e che lo conduce rapidamente all’apice della popolarità. Il film vede la luce, con il titolo Il Falcone Maltese, in una prima trasposizione nel 1931, per la regia di Roy Del Ruth, successivamente nel ’36 in un rifacimento brillante intitolato Satan met a lady in cui William Mieterle dirigeva Bette Davis, e infine nel ’41, con la celebre versione diretta da J. Houston, Il mistero del falco, e interpretata da Humprey Bogart e Mary Astor. Successivamente (1934) riscrive per lo schermo anche il soggetto del suo quinto romanzo, prodotto dalla MGM con il titolo originale L’uomo ombra per la regia di W.S.Van Dike il cui immediato successo, 4 nominations agli Oscar, ne decreta lo sviluppo in una miniserie di cinque film che verranno prodotti tra il 1934 e il ’47 (tutti interpretati da Dick Powell e Mirna Loy). Nel 1935 è il turno de La Chiave di vetro , il suo quarto romanzo, prodotto dalla Paramount per la regia di F.Tuttle che dirigeva George Raft nel ruolo di Ed Beaumont, e rifatto nel 1942 da Stuart Heisler, e interpretata da Alan Ladd e Veronica Lake. In questi anni lavora , con il consueto impegno ,anche per la radio, per la quale fu autore di una serie di racconti. Si cimenta, sempre nel ’34, nel campo dei fumetti ideando e scrivendo la sceneggiatura per l’avventura di esordio dell’ Agente segretoX9, titolo dell’albo: Il Dominatore, magistralmente disegnato dal grande Alex Raymond (il creatore di Flash Gordon) che contribuisce con il suo tratto elegante e inconfondibile allo svolgimento di una storia agile e dal ritmo pressante, secondo il consueto stile narrativo hammettiano. Nel 1942 viene eletto presidente della Lega degli Scrittori Americani, un’associazione di ispirazione antifascista che sosteneva la causa repubblicana in Spagna. Le sue convinzioni politiche lo portano nel 1950 davanti alla commissione di indagine per le attività antiamericane, siamo in pieno Maccartismo, e di lì a scontare sei mesi di carcere, essendosi rifiutato di denunciare i componenti del Civil Rights Congress, di cui egli rivestiva la carica di tesoriere di un fondo destinato a pagare la libertà su cauzione per coloro i quali, imputati di attività comuniste, erano in attesa di processo. Davanti alla commissione d’inchiesta si appella al Quinto Emendamento e quando gli viene chiesto se riconosce le due iniziali D.H. poste in calce a un documento: “a questo so rispondere, sono due lettere”. Questo gli costa un’ accusa di oltraggio alla corte e relativa condanna. A Lilliam Hellman che, il giorno prima del processo, gli aveva chiesto di dire la verità riguardo al fatto che effettivamente non conosceva quei nomi, rispose di non poterlo fare per qualcosa che era dentro di lui e che riguardava il suo personale concetto di democrazia. Questo era Hammett. Se la sua eredità come scrittore consiste nell’averci mostrato che è possibile raccontare storie reali di gente comune e, tramite una prosa sintetica ed essenziale, assai vicina al parlato comune, renderle vive, come uomo ci ha sicuramente indicato il difficile percorso di passare attraverso gli ostacoli della vita sempre con dignità e fierezza. Non era solo un portamento distinto, né i tratti di un viso nobile e severo a conferirgli quel carisma per cui riusciva a incutere rispetto e una sorta di innata ammirazione in coloro che lo avvicinavano, ma piuttosto qualcosa che nasceva da dentro e che irradiava intorno a sé come un’ aura contribuendo a suscitare stima e deferenza. Iniziò ad averne la prova fin da ragazzo, e pur non sapendo spiegarsene egli stesso la vera ragione si rese conto che quel qualcosa lo avrebbe accompagnato sempre nella vita e gli sarebbe tornato utile. Sempre la Hellman racconta che ” in carcere i secondini si rivolgevano a Hammett chiamandolo “ sir ” “, e che “anche fuori gli altri non si comportavano diversamente”. Questa caratteristica la si ritrova puntualmente in tutti i protagonisti di Hammett, per quanto differenti siano tra loro… dal granitico Sam(uel) Spade all’ affascinante Ed Beaumont, dal brillante Nick Charles all’ anonimo “Operator” di mezza età della Continental Agency of Investigation. Gente con cui riesce difficile entrare troppo in confidenza o prendersi qualche libertà……
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