Nathaniel Hawtorne nacque nel Massachussetts il 4 Luglio del 1804, in quella che veniva chiamata la Nuova Inghilterra e precisamente a Salem, la città della caccia alle streghe, delle persecuzioni del 600, della Santa Inquisizione e della civiltà dei puritani, di quei calvinisti che erano in fuga dalla persecuzioni europee. Letteralmente intriso della opprimente cultura puritana, Hawtorne cresce all’ombra delle persecuzione quacchera, della caccia alle streghe, dei roghi e delle impiccagioni nelle piazze, e questo è il mondo che descrive nel suo capolavoro letterario del 1849, pubblicato nel 1850. Scritto in soli quattro mesi di ossessivo lavoro, il romanzo La Lettera Scarlatta vede la luce ufficialmente il 16 Marzo del 1850, ed è stato oggetto di diverse riduzioni cinematografiche, di cui la più famosa con Demi Moore come interprete, e nonostante narri di vicende decisamente lontane dai nostri tempi e dai nostri costumi, è ancora molto amato, anche dalle giovani generazioni, forse innamorate di questa eroina senza fede né speranza, ma innegabilmente forte nel suo dolore ed indiscussa protagonista della sua vita. Morto a Plymouth nel 1864, nel New Hampshire, l’autore ha scritto anche “Racconti raccontati due volte” e “Settimio Felton o l’elisir di lunga vita”, ma è rimasto famoso per questo memorabile affresco dell’America Puritana del XVII secolo. Quando i seguaci della riforma Calvinista fuggirono dall’Europa a causa delle persecuzioni religiose scatenatesi contro di loro, molti di loro emigrarono nelle Americhe in cerca della Terra Promessa, fondando alcune delle colonie più rigide e conservatrici degli Stati Uniti. La protagonista del romanzo veste alla quacchera, con ampie gonne nere, cuffia e grembiule bianchi, proviene da Boston, la puritana Boston del 1600, e precede il marito, un anziano gentiluomo inglese di nome Chillingworth, nel Massachussets per predisporre l’acquisto di alcune proprietà. Il Massachussets all’epoca era ancora una terra aspra e selvaggia, ostile e pericolosa, si sbarcava in canoa dai velieri, e il viaggio era reso pericoloso a causa degli agguati delle popolazioni indios del luogo, che non tollerevano l’invasione dei nuovi colonizzatori. Hester Prynne dunque giunge sola, e a lungo sola resta, perché il marito, è stato attaccato dagli indiani, e risulta disperso. Tuttavia la imperfetta società organizzata già poggiava le sue basi su una solidissima, incrollabile, rigida e intoccabile disciplina puritana. Mal era sopportata questa giovane donna ricca e autoritaria che viaggiava senza un uomo al seguito, decideva e disponeva liberamente dei suoi beni, e parlava sempre di un marito che invece non arrivava mai. Presto Hester rimane coinvolta in una relazione clandestina con il pastore della comunità, e gestisce benissimo la sua storia d’amore, senza esporsi allo scandalo, fino a che non si fanno evidenti le sue condizioni di gestante. La donna coniugata che è giunta sola, e che da troppo tempo ormai da sola vive nella comunità senza un marito al seguito, è in stato interessante e presto la cosa non può più essere sottaciuta. Arrestata, imprigionata, esposta al pubblico ludibrio e processata per adulterio, Hester tuttavia rifiuterà sempre di ammettere il suo peccato e di confessare il nome dell’amante, ella coraggiosamente prenderà su di sé l’intera colpa, ed accetterà di continuare a vivere nella comunità recando il marchio infamante dell’adultera, una grande A in caratteri rossi ricamata sul petto. Data alla luce una bambina, cui viene imposto il nome di Perla, la donna si ritira a vivere ai margini dell’abitato, allevando da sola una creatura destinata anch’essa a portare a vita il marchio dell’infamia. Nel frattempo a consumare il dramma familiare interviene il marito disperso di Hester, che sopravvissuto al naufragio e all’assalto degli indiani, fa finalmente la sua comparsa, e costringe la moglie a tacere la sua vera identità, intraprendendo una crociata personale per scoprire il nome di colui che l’ha sedotta, non già per perdonare, ma bensì per vendicare il suo orgoglio ferito. L’uomo infatti non ha alcuna intenzione di riaccogliere donna e bambina in seno alla famiglia, anzi è più che disposto a distruggerle e con esse anche l’adultero che gli ha macchiato il nome. Identificato il colpevole nel giovane reverendo Dimmesdale, lo sottopone a una tale persecuzione che questi logorato nell’animo crolla e confessa pubblicamente le sue colpe, per poi morirne. Per Esther, già giudicata, condannata, esiliata e disconosciuta è la fine di ogni speranza, ma nonostante tutto il suo animo è forte, consapevole di non poter tornare indietro ella affronta coraggiosamente, a testa alta, la sua condanna sociale, diventando l’emblema di tutte le donne perseguitate e vinte, ma non piegate. “Nel corso degli anni faticosi, pensosi e dediti che composero la vita di Hester, la lettera scarlatta smise di essere un marchio che suscitava il disprezzo e lo scherno del mondo, per diventare il segno di qualcosa su cui piegarsi con dolore, da guardare con panico, ma anche con riverenza…La gente portava a Hester i dolori e i dubbi, cercandone il consiglio come di chi abbia conosciuto grandi sofferenze”. Ed ecco che Esther Prynne viene consegnata all’immortalità come una delle più grandi eroine femminili della storia della letteratura, fragile, fallace e caduca, ma riscattata dalla sua stessa forza, dalla nobiltà d’animo e dal coraggio, una donna vera, rara e attuale come ce ne sono poche.
La Lettera Scarlatta
Approfondimento sul romanzo del 1850 di Nathaniel Hawtorne
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