Dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità.
Biografia
Giovane rampollo di una nobile famiglia irlandese nasce ad Edimburgo nel 1859, si dedica agli studi di medicina, ed esercita presso l’ospedale locale dove conosce il dottor Joseph Bell che sarà poi modello per la figura indimenticabile di Sherlock Holmes, incentrata soprattutto sulla inconfondibile caratteristica di riconoscere e dedurre le caratteristiche fisiche e psicologiche di una persona da particolari spesso minimi e irrilevanti.
Dopo la laurea in medicina nel 1885 si imbarca su una baleniera come medico di bordo viaggiando nell’Oceano Artico e sulle Coste Africane.
Tornato in patria apre uno studio medico in un sobborgo di Portsmouth e non avendo molto successo inizia a scrivere romanzi polizieschi in parte per distrarsi e in parte per arrotondare le entrate, riesumando la vecchia abitudine di scrivere che aveva già esercitato ai tempi universitari con alcuni racconti pubblicati su periodici a puntate.
E’ un inizio in sordina quello che accompagna questo autore inflazionato per tutta la sua vita dallo spettro del personaggio da lui creato, che ha rischiato di oscurarlo al punto tale che in un racconto tentò di farlo morire, per poi riesumarlo precipitosamente dopo le vigorose proteste dei lettori.
Nel 1887 pubblica sullo Strand Magazine il primo romanzo della serie Sherlockiana, Uno Studio in Rosso, a cui seguiranno molti altri tra cui i famosi Il Segno dei Quattro 1890, Il Mastino dei Baskerville 1902, La Valle della Paura 1915. Presto il successo arride in maniera straordinaria a questo scansonato investigatore, consacrandolo a una fame imperitura, tanto che ancora oggi si contano innumerevoli i club e le associazioni dedicate a questo figura illustre della storia della letteratura, dove è il caso di dire che il personaggio letterario è forse più celebre del suo stesso autore.
Nelle sue opere si riscontra potente l’influsso di Edgar Allan Poe e del suo investigatore Monsieur Dupin, cui si può attribuire in effetti la vera paternità del moderno romanzo poliziesco e l’invenzione del metodo deduttivo, per cui Sherlock Holmes andrà poi famoso.
Singolare esperienza di scrittore Doyle vede il suo primo romanzo rifiutato da ben tre editori, e si trova costretto a venderlo per sole 25 sterline, mentre alla fine arriva ad essere pagato qualcosa come 10 scellini a parola, a testimoniare l’incostanza dell’industria editoriale, e le infinite possibilità di successo che si possono celare dietro un esordio claudicante.
Si narra tuttavia che Conan Doyle fosse in ogni caso profondamente amareggiato dalla preponderanza e dalla fama assunta dal suo investigatore, che egli considerava invero solo un eroe da bassa letteratura, di qui il suo tentativo, subito rientrato, di farlo sparire.
A torto o a ragione in ogni caso ancora oggi si continua a ignorare che, su una carriera letteraria di oltre quarant’anni, Doyle diede alla stampa anche numerose opere “non sherlockiane” tra cui: il ciclo medioevale di Sir Nigel Loring, un’opera di cappa e spada che gli fruttò il titolo di baronetto nel 1903, un ciclo di racconti su un colonnello dell’esercito di Napoleone, e la serie di fantascienza, praticamente sconosciuta ai più, del Professor Challenger, per non citare i numerosi articoli di guerra, i diari, e le storie di pirati.
Viene inviato come corrispondente in Sudafrica durante la guerra Anglo-Boera e più tardi nel primo conflitto mondiale.
Negli ultimi anni della sua vita si interessa di studi soprannaturali e di spiritismo al punto da scrivere sull’argomento due validissime opere di studio ed approfondimento.
Muore nel 1930 a Crowbourgh in Inghilterra.
Arthur Conan Doyle Non Solo Sherlock
Il Mondo Perduto, 1912
Considerato il progenitore di Jurassic Park, che in effetti ne clona il titolo, il Mondo Perduto, o Cento Giorni Sull’Altipiano, è uno dei libri meno noti di questo poliedrico autore, tanto che spesso non viene nemmeno citato nelle sue biografie e bibliografie.
Datato 1912 è un classico indimenticabile della narrativa fantastica e di avventura che ha segnato intere generazioni di lettori e successivamente ispirato uno stuolo di scrittori.
Quando lo scrisse Conan Doyle sapeva che sarebbe stato il suo miglior romanzo, e vi si dedicò appunto con l’intenzione di riscattare se stesso dal filone Sherlockiano che sembrava incatenarlo per sempre al romanzo poliziesco. Il personaggio del burbero Professor Challenger fu modellato su Ernest Rutherford, l’eminente studioso dell’atomo padre della teoria sulla radioattività.
Tutto il romanzo oltre a richiamarsi a canoni tipicamente avventurosi è improntato ad una sagace falsa riga ironica, i personaggi sono tratteggiati con gusto, i dialoghi sono indovinatissimi, e le scene d’azione degne di un Dumas, tanto da tenere avvinti alle pagine del libro pagina dopo pagina fino alla fine.
A metà precisa tra Verne e Salgari, Conan Doyle ci pone dinanzi a un’opera notevolissima, incalzante e vivace, che, ancora ricordo, mi tenne col fiato sospeso per tutto il tempo quando lo lessi la prima volta, e che rileggo ogni volta con autentico piacere.
La storia in brevi linee narra di un giovane rampollo innamorato cotto della sua Gladys che in pieno corteggiamento non si sente ripete altro che ella sposerà un uomo avventuroso, un intrepido, un valoroso: è l’epoca delle grandi invenzioni, delle grandi scoperte, delle grandi esplorazioni e conquiste e Edward Dunn Malone vuole appunto sentirsi un “grande” anche lui per poter finalmente sposare la sua adorata.
Ed è così che ascoltando una conferenza del Professor Challenger, celeberrimo Zoologo che sostiene di aver scoperto, durante una spedizione lungo il Rio delle Amazzoni, esemplari ancora in vita di specie ritenute oramai estinte da secoli, decide istantaneamente di imbarcarsi anche lui nella nuova impresa che il professore sta mettendo a punto.
Accade infatti che disgraziatamente tutte le prove materiali, mappe, rullini fotografici, reperti, e documentazioni siano andati persi in un naufragio sulla strada del ritorno ed il povero professore, non potendo provare alcunché, si vede costretto a proporre al consesso scientifico attorno a lui riunito, una nuova spedizione nei medesimi luoghi ricostruendo l’itinerario sulla base della sua memoria, e recando con sé un osservatore imparziale, il Professore Summerlee, docente di anatomia comparata.
La nuova spedizione si accinge dunque a partire composta dal Professor Challenger, dal Professor Summerlee, dal giovane avventuroso Malone e da Lord John Roxton, ricco gentiluomo amante dei safari e dei viaggi avventurosi. Il quartetto parte per il Rio delle Amazzoni, ritrova la strada grazie alle indicazioni del Professor Challenger, sale sul pianoro, o meglio sull’altipiano, dove grazie a una rara combinazione geografica e logistica, le specie altrove ormai estinte, si sono conservate immutate, fin dall’epoca preistorica. Vediamo quindi Pterodattili librarsi maestosamente in volo sopra le loro teste, mentre ogni altro genere di creatura antidiluviana riprende vita davanti ai loro occhi, mentre i nostri eroi restano bloccati sull’altipiano appunto per cento giorni perché l’unica via di accesso si è chiusa e devono trovare il modo di scoprire un nuovo passaggio.
Simbolicamente bloccati anche loro al pari delle creature estinte, su questo immenso altipiano situato a centinaia di metri di altezza sul pianoro di una montagna, vivono un’avventura personale irripetibile, impossibilitati ad allontanarsi, e si compenetrano totalmente nella realtà selvaggia che li circonda, al culmine di sfide e difficoltà che fanno emergere in ciascuno di loro la sua vera natura.
Durante la loro permanenza sono anche protagonisti di un combattimento che vede scontrarsi due opposte fazioni di ominidi, quella dei precursori degli Homo Sapiens, e quella ancora primordiale dei primati animaleschi e brutali.
Una volta trovata la strada per il ritorno marciano verso casa carichi di prove, ma anche in questo caso una disavventura li travolgerà sparpagliando e deteriorando ogni elemento materiale tangibile e valido.
Per Dunne la cosa naturalmente non ha ancora importanza, a lui interessa solo raggiungere finalmente la sua Gladys ora che a pieno titolo si è meritato la fama di avventuroso ed esploratore, peccato che al suo ritorno la trovi sposata a un omino mediocre occhialuto ed insignificante, tanto che, forse sollevato dal pensiero, decide immediatamente di imbarcarsi nella terza spedizione che il professor Challenger organizza quando, tornato in patria, ancora una volta non viene creduto.
Se Conan Doyle voleva trovare nuove vie per la letteratura fantastica con questa opera possiamo dire che ci sia a pieno titolo riuscito, perché raramente si possono trovare nello stesso romanzo una storia così avvincente, delle informazioni geografiche e scientifiche così dettagliate, e una costruzione di base davvero indovinata, che oltre alla sapiente caratterizzazione dei personaggi e alla fedele rappresentazione dello spirito indomito di un’epoca avventurosa, riesce a sublimare il tutto in un calderone di sensazioni magiche e irripetibili.
In questo modo l’autore di Sherlock trionfalmente esce dal genere poliziesco per entrare con un rullo di tamburi nel filone fantascientifico della migliore classe, a dimostrare, come egli stesso disse, che: Il vecchio cavallo ha trascinato un pesante carico in una pesante strada, ma è ancora capace di lavorare.
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