Tempo fa Robin Editore ha proposto un interessante volume che vale la pena di riscoprire. Recupera scritti inediti in Italia dello statunitense S.S. Van Dine (pseudonimo di Willard Huntington Wright, 1887-1939), autore di grande successo negli anni Venti e Trenta del Novecento cui, com’è noto, si deve il personaggio di Philo Vance, una sorta di criminologo-esteta, colto e raffinato, intriso di arte e di filosofia, eco del superuomo di Nietzsche, di cui Wright era un esperto e cui aveva dedicato una monografia (What Nietzsche taught, 1917) che, secondo Henry Louis Mencken e James Huneker rappresentava all’epoca il miglior testo sul filosofo tedesco.
A fronte dell’iniziale, notevole successo, non sono mancate voci critiche nei confronti dell’Autore e del suo investigatore, presentato come verboso, saccente, costantemente impegnato a dare sfoggio della propria sconfinata erudizione. Tra i suoi detrattori più agguerriti, Dashiell Hammett e Raymond Chandler, evidentemente distanti dall’approccio narrativo di Van Dine.
D’altra parte, Philo Vance si è rivelato decisivo per l’originaria caratterizzazione del personaggio di Ellery Queen, lo scrittore-detective di Frederick Dannay e Manfred B. Lee, il cui esordio risale al romanzo La poltrona n. 30 (The Roman Hat Mystery, 1929).
E non si può ignorare che il metodo investigativo adottato e “codificato” dall’esteta di Van Dine, che interpreta i delitti e le relative scene come opere d’arte, alla ricerca della “firma” del responsabile, prefigura, in modo assai significativo, le peculiarità dell’approccio analitico del criminal profiler, elaborato solo in seguito dai criminologi in un vero e proprio protocollo analitico.
In tal senso, nel primo romanzo che lo vede protagonista, La strana morte del signor Benson (The Benson Murder Case, 1926), Philo Vance teorizza: “Ogni azione umana, grande o piccola che sia, è una diretta espressione della nostra personalità e rispecchia la nostra natura. […] la combinazione delle componenti necessarie a costituire la nostra personalità varia in ogni individuo. Per questo, quando venti artisti […] dipingono lo stesso soggetto, ciascuno lo concepisce ed esegue in modo differente. Il risultato, in ogni caso, è una chiara e inconfondibile espressione della personalità dell’autore […]. I crimini possiedono tutti i fattori di base dell’arte: approccio, concezione, tecnica, immaginazione, metodo e organizzazione. […] l’esperto psicologo può analizzare un crimine e dire chi l’ha commesso, sempre, naturalmente, che conosca l’artefice o, altrimenti, descrivere con certezza quasi matematica la natura e il carattere del criminale.” Sintesi mirabile – ancorché idealizzata, laddove vi ravvisa l’attitudine alla “certezza quasi matematica” – della prospettiva del profiler.
Il personaggio appare in dodici romanzi e in alcuni racconti. Questi ultimi lo vedono impegnato a ricostruire reali vicende criminose. E vengono riproposti nella prima parte (I delitti celebri narrati da Philo Vance) del richiamato volume di inediti. Che recupera anche Le avventure di Harry Franklin, un gentiluomo di fortuna, primi tentativi dell’Autore di cimentarsi nella narrativa poliziesca, risalenti al 1916. Si tratta di otto racconti pubblicati sul “Pearson’s Magazine” e firmati con lo pseudonimo di Albert Otis. Scritti a lungo dimenticati e ufficialmente attribuiti a Van Dine solo nel 2012.
Arricchisce il testo il saggio W.H. Wright, alias Albert Otis, alias S.S. Van Dine di Marco Catucci.
Titolo: Gli inediti
Autore: S.S. Van Dine
Curatore: Greta Poli
Editore: Robin – Collana: Biblioteca del vascello
Anno edizione: 2022
Pagine: 372
Isbn: 9788872749869
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID