Il talento del cappellano di Cristina Cassar Scalia, Einaudi Stile Libero Big 2021.
- Pronto, polizia? Dovete venire subito… – – Al Grand Hotel della Montagna. – Chi telefona è il custode Nunzio Scimeni che ha trovato nel salone del caminetto una donna morta. Ma all’arrivo dei poliziotti (siamo praticamente sull’Etna tra il 26 e il 27 dicembre 2016) il corpo non c’è più. E’ sparito. Non sarà mica il frutto della mente immaginifica di Nunzio? Una bella gatta da pelare per il vicequestore Vanina Guarrasi, già un po’ incasinata con i problemi personali. Ancor più difficile da pelare quando il citato corpo morto verrà ritrovato da tutt’altra parte, ovvero al cimitero di Santo Stefano insieme a quello di un prete sul loculo centrale della cappella, uniti da un nastro rosso annodato come fiocco all’altezza della vita. Inoltre sopra le teste rametti di vischio accanto a due stelle di natale e intorno una doppia corona di lumini. Trattasi di Azzurra Leonardi (questo, nel frattempo, è già stato appurato), di anni quarantuno, medico chirurgo specialista in pediatria al Policlinico di Catania, separata dal marito Marco Di Girolamo, e di monsignor Antonino Murgo, parroco della chiesa di Sant’Oliva ad Acireale e proprietario della cappella. Ma perché tutta quella messinscena? Che cosa lega i due omicidi? Hanno qualcosa in comune?…
Vanina Guarrasi non si perde d’animo coadiuvata dalla sua squadra e dalla collaborazione dell’ottantatreenne commissario in pensione Biagio Patanè, anche se preso dai suoi vetusti dolori, dalle sigarette e dalla cioccolata. Intanto si appura che i due sono stati strangolati probabilmente con le mani e che l’assassino conosce bene il posto, avendo messo fuori uso la telecamera di sicurezza che riprende quella parte di cimitero.
Allora via agli interrogatori con tutti coloro che in qualche modo risultano imparentati o conoscenti per scavare nel passato delle vittime, insieme allo sfruttamento dei moderni mezzi di comunicazione come i tabulati telefonici e facebook.
Durante tutto il racconto ci troveremo di fronte ad un variegato numero di personaggi ben delineati con le loro caratteristiche (qualcuno anche in forma di macchietta) attraverso l’uso dosato del dialetto tra battute, lazzi, sorrisi, prese in giro, insieme a momenti di disagio personale, dolorosi ricordi, brivido, pathos e commozione. Assisteremo a colazioni e pranzetti niente male come al Bar Santo Stefano di Alfio tra cornetti, raviole, treccine, brioche con la granita nei mesi estivi, e poi citati latte fresco calabrese, mozzarelle, caciocavallo, salame Sant’Angelo, mortadella speciale, parmigiana, pane caldo di Sangiovanni e chi più ne ha più ne metta. Il tutto incorniciato nelle meraviglie e nei lati oscuri di una Catania che mozza il fiato con i suoi colori e profumi. Perché verrà fuori anche la mano della criminalità organizzata (occhio alle famiglie Zinna e Vizzino) a creare problemi nella indagine insieme alle pressioni della Curia. E allora ci vuole l’aiuto concreto di Patanè dovunque si trovi, perfino in ospedale per i suoi ostinati dolori.
Vanina si staglia al centro della scena, caparbia e decisa, soprattutto in rapporto difficile con il magistrato Paolo Malfitano con il quale non vuole riprendere il rapporto amoroso, nonostante le sue insistenze, dopo la morte violenta del padre per mano mafiosa.
Cristina Cassar Scalia ha delineato un quadro sincero e convincente senza strafare di una situazione complessa. Il quadro della vita, in qualunque luogo o tempo si appenda. E spesso ci sembra di essere lì con i suoi personaggi a sentirli parlare, discutere, scherzare, prendere in giro in italiano o in dialetto, a fumare, mangiare e bere di gusto, indagare, lottare e combattere per far vincere la giustizia.
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