Il delitto impossibile di M. J. H. Simmonds, Mondadori 2020.
Giugno 1884. “Sherlock Holmes, alla disperata ricerca di un caso o di una qualsiasi altra sfida intellettuale, era lo specchio personificato di quel tempo orribile. Sembrava un sosia di se stesso, sempre cupo, triste e scontroso”, annota il solito Watson. E dire che sono passate solo tre settimane da quando ha risolto in soli sei giorni sei crimini e, addirittura, accennato ad un settimo di cui nessuno si è accorto. Ovvero: l’assassinio di una fioraia, un vetturino disonesto in libertà, un furto di gioielli, una contesa testamentaria, alcune morti sospette e un allibratore ucciso davanti alla porta di casa. Sei casi con al centro il nostro Holmes a destare continue sorprese a Watson e all’ispettore Lestrade attraverso il suo infallibile fiuto e il suo acutissimo “occhio”. Tra una boccata di pipa e l’altra e un’occhiata, quando ci vuole, alla sua biblioteca. Capita anche che siano tutti e tre insieme a svelare il mistero.
Dunque, dicevo, Holmes a giugno “langue in uno stato di scontrosa apatia”, magro, il viso scavato, mangia e beve a stento, avvicinandosi sempre di più “alla schiavitù della siringa”. Ed ecco, fortunatamente, l’arrivo dell’ispettore Gregson a chiedere aiuto per un caso impossibile. Nella residenza campagnola di Bedhurst Hall, piena di ospiti, è stato assassinato il proprietario James Harrison. Strangolato con una corda che però non si trova. Nessuna arma del delitto e nessuna prova. Porte e finestre ermeticamente chiuse. Un caso da leccarsi i baffi per il nostro Holmes. Primo passo l’analisi del morto e del luogo in cui è avvenuto l’omicidio. Poi il colloquio con i testimoni: il colonnello E. Fauwkes, il reverendo St John Beekey, il signor J. Banks Wells e consorte, l’esimio R. Wulf Fessington e consorte, il dottor E. Pace e consorte, la signora C. Fairchance, il signor J. Wergeld e il professor J. Seaworthy. Dal quale si ricavano un bel po’ di notizie sul defunto e sugli aspetti particolari dei testimoni. Con Watson pronto ad ascoltare ma anche a dire la sua. Le domande alla fine sono sempre le stesse: “Come ha fatto l’assassino ad uccidere? Dove si trova la corda usata per lo strangolamento? Chi ci guadagna di più dalla sua morte? Chi eredita la sua tenuta? Intanto occorre sapere cosa contiene il testamento. Ma anche su questo nasceranno delle problematiche…
Comunque facile sospettare l’assassino perché sta fuggendo. Occorre solo svelare la sua vera identità ed acciuffarlo mentre sta per imbarcarsi su una nave. Però tra accusarlo e dimostrare la sua colpevolezza ce ne corre, se non arrivasse a proposito il colpo di scena finale creato magistralmente da Sherlock. Tuttavia manca ancora un tassello, ovvero il mistero di come sia avvenuta l’uccisione. A meno che…ameno che Watson, come succede spesso con una delle sue battute innocenti, non faccia accendere la lampadina al suo grande amico. All’interno, durante un momento di pausa, il racconto Il mistero della chiesa di Croxham dove viene fuori, addirittura, come arma omicida il Botafumeiro…
Facilità di scrittura, pochi tocchi a creare un personaggio, a delinearne il carattere, a sviluppare un’ambiente e un’atmosfera particolari, a creare una storia complessa che affonda le radici in un passato lontano, sia nel tempo che nello spazio, dall’Inghilterra all’Africa. Per rendere autentico il romanzo l’autore, come segnala il nostro Luigi Pachì, “ha effettuato ricerche approfondite su svariati aspetti della società vittoriana: linguaggio, ferrovie, spedizioni, vestiti, architettura e molto altro.” Una bella lettura.
Per Sotto la lente di Sherlock abbiamo Cultura sociale e storica attraverso Sherlock Holmes di Luigi Pachì che mette in rilievo come le avventure del Grande Detective sono occasione di svago ma anche un accrescimento della nostra “conoscenza storica e sociale del periodo a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900.” Seguono notizie dettagliate sull’autore.
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