La prima opera della casa editrice Le Assassine ha attirato la nostra attenzione: appartiene alla collana Oltreconfine e il titolo è La Borsa, dell’autrice Solène Bakowski.
“Il punto di partenza di La borsa – ha dichiarato Solène Bakowski – può essere un po’ sorprendente. Ho cominciato a scrivere le prime righe subito dopo una discussione con mia madre per un problema davvero sciocco. Visto che lei ha sempre la parola pronta e io invece no, mi sono detta che avrei messo in scena una madre che divora la propria figlia… E poi la storia ha preso un’altra piega”.
Ecco, Tiziana, tu che sei l’editrice puoi spiegarci che piega ha preso?
Come dice l’autrice, lo spunto lo ha preso da una discussione molto banale con la madre, mentre il contenuto del libro è assai drammatico: qui la madre rifiuta la figlia ancor prima di metterla al mondo. Sono infatti terribili le parole che la protagonista pronuncia a proposito della propria nascita: “Va detto che mi avevano messo al mondo nello stesso modo in cui avrebbero gettato un uomo in mare in una sera di tempesta, senza boe, senza salvagente e, soprattutto senza speranza”. Credo che la scrittrice partendo da qui abbia voluto sondare quel legame che esiste tra madre e figlia e che volente o nolente condiziona tutta una vita. Un legame che può diventare struggente e che anche nelle situazioni più disperate può creare un barlume di speranza, di rinascita: questo lo vediamo quando a sua volta la protagonista metterà al mondo una figlia.
Perché, a tuo avviso, ha avuto tanto successo in Francia? Qual è il suo punto forte?
Il libro ha un ritmo che ti lascia senza fiato e ti spinge a leggere pagina dopo pagina senza smettere. Definirlo solo un noir è a mio avviso un po’ limitante, perché con il suo linguaggio crudo e a volte cinico riesce a penetrare nei punti più cupi e neri della psiche umana. Sa poi illustrare con maestria i momenti di follia della protagonista, realistici, scritti proprio al fine di trasmettere l'immagine di una donna la cui mente non è più sotto controllo. Non manca nemmeno di descrivere in modo pungente la vita degli emarginati, della prostituzione, della solitudine in una Parigi che è ben lontana dalla ville lumière che popola il nostro immaginario.
La scrittura è poi decisamente interessante, direi granghignolesca e spiazzante, perché ti prende per mano, ti fa intravedere un cambiamento positivo e poi con un colpo di penna ti risprofonda cinicamente nell’orrore.
Quanto al successo, inizialmente è stato autopubblicato, perché nessun editore lo voleva. Ma dopo la comparsa come ebook vi è stato un passaparola che ha portato alla vendita di 15.000 copie in tre mesi, segno che il libro aveva un suo valore intrinseco. Successivamente è stato pubblicato in cartaceo dalla casa editrice francese Bragelonne.
Il titolo in italiano è fedele a quello francese?
Sì, questo è stato il primo romanzo della collana Oltreconfine e abbiamo ritenuto che dovesse rispettare l’originale; forse a ripensarci non si doveva fare. Infatti se cerchiamo su Google La borsa, i primi risultati portano direttamente a una creazione di Gucci o Armani. In Francia è diverso in quanto l’autrice è conosciuta e ha vinto con questo libro il premio della giuria di Amazon.
MilanoNera, nella sua recensione, ha scritto: “Non è un giallo né un thriller, forse potremmo definirlo un noir dai tratti gotici. Il libro ricorda a tratti lo stile di Amélie Nothomb, così fuori dagli schemi, così inaspettato nell’avvilupparsi della storia. Molto delicato e cupo come ‘Il sole dei morenti’, di Jean-Claude Izzo, re incontrastato del noir mediterraneo francese, nel quale metteva a nudo i clochard e la loro vita spezzata”. Sei d’accordo?
Concordo in parte, perché io vedo anche un riferimento al Grand Guignol, quel teatro parigino attivo tra il 1897 e il 1963, dove si mettevano in scena spettacoli macabri e violenti.
Ci parli anche un po’ dell’autrice? Come l’hai “scovata”?
Be’, l’autrice che abbiamo invitato in Italia per la presentazione del suo libro è una giovane donna dall’aria solare e simpatica; nel conoscerla si stenta a credere che abbia potuto creare un mondo gotico così spaventoso. Come l’ho scovata? È stato uno di quegli incontri fortunati che capitano andando alla Fiera del libro di Francoforte.
La traduzione è riuscita a mantenerne inalterate le peculiarità?
Penso di sì, anzi a questo proposito vi è stato qualche commento di lettori che attribuivano a una scorrettezza nella traduzione l’uso di certi espressioni. Vorrei dire che in realtà non si tratta di errori, ma dell’intenzione di voler riproporre con strumenti diversi l’argot dei protagonisti.
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