Il Sorcio di George Simenon, Adelphi 2017.
Parigi, anni Trenta. Vediamolo subito questo personaggio, Ugo Mosselbach, detto il Sorcio, vecchietto barbone di origine alsaziana, ovvero ”un ometto magro con due occhi eccezionalmente vivaci e maliziosi, una peluria rossiccia che tendeva al bianco sporco e un modo personalissimo di portare stracci troppo grandi per lui con una dignità che rasentava l’eleganza.” Andatura zoppicante con la gamba sinistra, sempre in giro a chiedere l’elemosina e a bere tutto quello che gli capita. Sarà lui al centro della vicenda, dal momento in cui trova un portafogli rigonfio di banconote americane e francesi dentro ad una macchina. Piccolo particolare, il guidatore è stato ucciso.
Prendere i soldi nemmeno per sogno, lo scoprirebbero subito. Meglio cercare una busta, infilarceli dentro e far finta, con la polizia, di averla ritrovata per strada. Così, se dopo un anno ed un giorno nessuno viene a reclamarla, il malloppo sarà suo per legge e potrà comprarci una vecchia canonica, in cui trascorrere la vita che gli resta. Intanto il portafogli lo si fa sparire da qualche parte.
Piano perfetto se non ci fosse di mezzo lo Scorbutico, ovvero l’ispettore Lognon che non è mai riuscito a conquistare il grado di ispettore. “Aveva un volto ossuto, dai lineamenti grossolani, i capelli corvini e folte sopracciglia nere che gli tagliavano in due il viso. Lo sguardo ostinato lo faceva sembrare sempre impegnato nella soluzione di un problema difficile.” Non crede a un’acca del suo racconto e lo seguirà per tutta la vicenda, dando vita ad una specie di balletto di mosse e contromosse, come è già stato definito. Piano perfetto se non ci fossero di mezzo anche gli assassini che vogliono riprendersi il malloppo…
Comunque la macchina con il cadavere sparisce, così come sparisce l’ambasciatore inglese a Parigi (che sia lui il morto?). La faccenda si complica, ed ecco che inizia una specie di gara fra i due per scoprire la verità, con momenti di pericolo espressi anche in tono esilarante “A seguito della botta in testa, a Lognon era venuto un tic nervoso: batteva spasmodicamente la palpebra sinistra, cosicché sembrava sempre che facesse l’occhiolino.” Personaggio scalognato, ripreso pure dalla moglie che lo accusa di farsi sempre avanti e di non essere presente “quando arriva il momento di togliere le castagne dal fuoco e spartirsele…” Il merito di questa operazione potrebbe andare, immancabilmente, al commissario Lucas della polizia giudiziaria. Questa volta, però, sarà lo stesso Lucas a gratificarlo per quello che ha fatto.
Una specie di commedia leggera, una farsa, giocata su un’ironia che serpeggia per ogni dove a creare un clima divertente e divertito attraverso un ritmo pazzesco. Di mezzo soldi, doppia vita, amanti, alta finanza, gangster, ricatto, colpi di scena, addirittura rapimento con il Sorcio che si ritroverà nudo come mamma l’ha fatto. Il tutto espresso in forma bizzarra e sorridente fra gli eleganti caffè degli Champs-Elysées e gli albergoni di lusso dell’Opera di Parigi.
Anche senza Maigret i due personaggi principali resteranno, di sicuro, impressi nella memoria.
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