Uscito a gennaio nelle sale cinematografiche statunitensi, The Forest è un film horror diretto da Jason Zada e incentrato sulle “disavventure” di Sara, che lascia l’America per cercare la sua sorella gemella dispersa in Giappone. Più precisamente in una terrificante foresta popolata da fantasmi. La determinatissima Sara non si lascia scoraggiare e dà inizio a una pericolosa esplorazione della foresta…
Raccontata così, sembrerebbe la trama del solito splatter con un gruppo di giovani dispersi nella natura selvaggia, che si ritrovano ad affrontare tribù di cannibali mutanti e morti viventi.
Di sicuro non ci si aspetterebbe che un simile film possa essere stato la causa di tante discussioni e disappunto in particolare fra il pubblico e i critici giapponesi. Per comprendere la ragione di ciò, bisogna innanzitutto sapere che ad ispirare la trama del film sono stati i fatti realmente accaduti nella foresta di Aokigahara, situata presso il Monte Fuji, conosciuta in tutto il mondo come la “foresta dei sucidi”. Nella mitologia giapponese questo luogo è da sempre associato alle “apparizioni” di yūrei, spiriti arrabbiati incapaci di riposare in pace nell’aldilà, ma la storia reale di questo posto va ben oltre le leggende: la foresta è infatti il luogo in cui si verifica il maggior numero di suicidi in Giappone.
Secondo alcuni studi, il numero di suicidi avvenuti ad Aokigahara dal 1950 al 1988 sarebbe di circa trenta all’anno. Nel 2003 vennero rinvenuti ben 105 corpi nel folto della spettrale foresta, mentre secondo alcune statistiche, nel 2010 più di 200 persone avrebbero tentato il suicidio in questo luogo e per 54 di esse non fu soltanto un vuoto tentativo… Per far fronte a un tale fenomeno, le autorità giapponesi hanno iniziato a prendere contromisure, quali censurare tutte le potenziali “pubblicità” del luogo (partendo dal tenere segreto il vero numero di suicidi) e posizionare all’interno della foresta cartelli che per i turisti occidentali risultano spesso particolarmente sconcertanti.
Il contenuto di questi cartelli è infatti una vera e propria preghiera rivolta ai visitatori perché non si tolgano la vita e si rivolgano per aiuto a degli specialisti, mettendo anche in evidenza il dolore che gli aspiranti suicidi potrebbero provocare alle rispettive famiglie. Inoltre la polizia, supportata da numerosi volontari e giornalisti, effettua annuali esplorazioni all’interno della foresta alla ricerca di eventuali corpi. Che la foresta sia veramente infestata? Certo che no. Le ragioni per un tal numero di suicidi sono molte, ma tutte di natura estremamente concreta. A prova di ciò possiamo prendere in considerazione un dato particolarmente significativo: le statistiche rivelano come ogni anno l’apice dei suicidi coincida con il mese di marzo, che segna la fine dell’anno fiscale in Giappone. Come spesso accade, la ragione di molte di queste tragedie va quindi ricondotta a motivi economici. Altro che fantasmi… La responsabilità di aver reso così popolare questo luogo è spesso attribuita al romanzo Black Sea of Trees di Seichō Matsumoto, spesso considerato come l’innovatore del genere giallo in Giappone. Oltre a Black Sea of Trees, la foresta di Aokigahara ha comunque ispirato molti altri libri, film, manga e anche album musicali, ma forse soltanto The Forest è riuscito ad attirare contro di sé così tante critiche. Il film infatti è stato accusato di aver banalizzato il tema del suicidio, che per il Giappone rappresenta in verità una questione molto delicata, e di aver mancato di rispetto a coloro che sono veramente morti all’interno della foresta. È stato addirittura definito come un esempio della mancanza di sensibilità e chiusura verso le altre culture tipica dell’Occidente…
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