La brigata dei reietti di Sophie Hénaff, Einaudi Stile Libero Big 2016.
Parigi, agosto 2012. Anche il cane Pilote o Pilou non si sa di che razza sia “C’è un po’ di Corgi, il cane della regina d’Inghilterra, un po’ di bassotto tedesco, un po’ di bastardino, di meticcio, di ibrido.” Così come la brigata di questi reietti poliziotti presi di qui e di là a formare qualcosa, tanto per levarseli di torno.
Dirige il branco sgangherato il commissario Anne Capestan dalla pistola facile. “Gli alcolisti, i depressi, gli scansafatiche e via dicendo, tutti quelli che ingombrano le sezioni ma che non possiamo sbattere fuori, li riuniamo in una brigata e ce li dimentichiamo in un angolino. Sotto il suo comando. A settembre.”, ecco le direttive del capo Buron dall’aspetto pacioso che contrasta con la sua forte personalità.
Un bel mucchietto di tipetti fra cui Torrez, soprannominato Iettatura, un gay, una col cane già citato, scrittrice di gialli e di fiction televisiva che aveva preso in giro certi poliziotti, un alcolista e, insomma, individui portatori, più o meno sani, di problematiche diverse.
Punto d’appoggio uno stabile malconcio, scrivania di metallo rugginosa, tavolo con una gamba più corta, parquet bucato, pareti “più brunite dei polmoni di un fumatore”, ma non si può pretendere di più. A lavoro spulciando negli archivi delle inchieste zoppicanti e dei casi irrisolti. Primo caso quello di un certo Yann Guénan del 1993 ripescato nella Senna; secondo caso l’omicidio di Marie Sauzelle, settantasei anni, strangolata nel giugno 2005 nella sua casa dopo un furto con scasso. Poi, come racconto, balzo all’indietro nell’isola di Key West, a sud della Florida, il 18 gennaio 1991, dove succede qualcosa che può avere relazione con le indagini della nostra banda.
Indagini, dicevo, domande, ricerche, momenti di crisi e tensione in una Parigi asfissiata dal caldo, mentre arrivano alla spicciolata altri elementi che si aggiungono alla squadra, tenuta insieme dall’abilità di Capestan. Con le indagini si intersecano e sviluppano le storie personali che inseriscono nelle pieghe della trama uno squarcio di vita particolare e di sottile malinconia. All’arrivo di un altro omicidio ecco il dubbio di un collegamento fra i vari casi e quello, più consistente, che i nostri reietti siano stati messi insieme per togliere le castagne dal fuoco a qualcuno. Ma a chi? Da seguire anche la vicenda di Gabriele innamorato di Manon e c’è pure una citazione degli scacchi (interessa solo a me).
Alla fine gran festa con Pilou che si sgranocchia un boccone di paté in crosta. Tutto l’ambaradan mi ricorda, in parte e vagamente, “I Bastardi di Pizzofalcone” senza la magica penna di Maurizio De Giovanni. Risaputo. Niente di nuovo sotto il sole con una scrittura che non si distacca dalla normalità di millanta già lette. Buonino.
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