Compie cinquant’anni Venere Privata, capolavoro noir di Giorgio Scerbanenco, e ci riporta in una Milano dall’apparenza lontana, che si sta appena facendo metropoli, con le sue periferie in costruzione e i suoi industriali rivestiti ancora di una distinzione antica, quasi nobiliare.
Ma basta che entri in scena Duca Lamberti, medico radiato dall’albo che ha appena finito di scontare la propria condanna per l’eutanasia praticata a una malata terminale, perché la storia smetta di profumare di passato.
Lo sguardo malinconico di Lamberti, che vorrebbe rivestirsi di cinismo, ma non può fare a meno di prendersi a cuore cause e persone, prende per mano il lettore e lo trascina con sé fin nel cuore di una storia nera.
Come Lamberti, anche il lettore vorrebbe guardare con distacco Davide, figlio alcolizzato di un ricco industriale che l’ex medico dovrebbe aiutare a tornare sobrio, ma subito se ne intuisce il dolore nascosto e da troppo tempo taciuto. Il senso di colpa per un suicidio non sventato, un suicidio che, lo intuisce il lettore immediatamente quanto Lamberti, molto probabilmente non è tale. Non c’è altra scelta, quindi, che indagare, sporcarsi di nuovo le mani, rischiare in proprio e far rischiare agli altri, perché, semplicemente, qualcuno non è fatto per cedere al cinismo.
Letto a cinquant’anni di distanza, la prima cosa che colpisce è lo stile di Scerbanenco che ha la precisa eleganza di un abito cucito su misura, senza neanche un punto fuori posto. Un’eleganza, mista a un’ironia sottile e garbata che conduce con naturalezza il lettore all’interno della storia, facendo passare in secondo piano anche alcune svolte un po’ azzardate della trama. Uno stile, insomma, che, fatti salvi alcuni vocaboli inevitabilmente datati, se non si conoscesse l’anno di pubblicazione, verrebbe spontaneo definire “fresco”.
Altrettanto sorprendenti sono i personaggi e le tematiche che affrontano di petto, segno forse che alcune cose in Italia non cambiano mai. Duca Lamberti, con la sua sensibilità troppo accentuata, che lo porta a pagare tutte le conseguenze per aver dato ascolto alle preghiere di una malata senza speranza. Davide, che tutti, in primis il padre, giudicano un cretino solo perché silenzioso e introverso, un ragazzo che, fosse cresciuto in un altro ambiente o dotato di un fisico meno imponente, vien fatto capire non troppo tra le righe, sarebbe stato vittima di un bullismo feroce. Infine Livia, il personaggio più sorprendente, donna di testa e non di cuore, in questo perfetto contraltare di Lamberti, che vuole capire i meccanismi della prostituzione studiandoli dall’interno. E che proprio per il suo coraggio finisce per pagare il prezzo più alto, regalando al romanzo un finale di struggente intensità.
Livia è un personaggio femminile così fuori dagli schemi per freddezza razionale e coraggio che fosse stata scritta oggi farebbe impallidire qualsiasi Lisbet Salandrer e invece viene da un romanzo italiano degli anni ’60. Come tutti gli altri personaggi del romanzo è raccontata con una sorta di affettuosa partecipazione da parte dell’autore, che non per questo, però, addolcisce fatti o destini.
Il bello dei classici è che non è mai troppo tardi per riscoprirli. Venere Privata non sente nessuno dei suoi anni e il suo cinquantesimo compleanno è solo una bella occasione per leggerlo o rileggerlo.
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