Lo specchio nero di Gianluca Morozzi, Guanda 2015.
“C’era una ragazza morta con la gola tagliata dentro una stanza con la porta chiusa dall’interno, e un uomo morto in un bagno cieco con la porta chiusa dall’esterno. L’unica persona viva tra quelle due porte era lui e soltanto lui. Lui che aveva un coltello insanguinato in mano.” Trattasi di Walter Pioggia, scrittore e direttore di una piccola casa editrice di Bologna. Com’è finito lì, in quella stanza viola di via della Luna? Inizia così un tourbillon mentale alla ricerca di una pur semplice spiegazione, partendo dal ricordo degli eventi precedenti che risultano difficili e nebulosi. Ricordi vaghi, a intermittenza, lui e l’amico Mizio, il concerto al Botanique, al bar, una voce che lo chiama…Che si sia immaginato tutto? (tra l’altro è seguito pure dallo psicanalista) o che l’abbiano, addirittura, drogato?. In prima persona gli estratti da un suo libro: i ricordi dell’adolescenza, la famiglia problematica con la sorella che si droga e prostituisce, gli amici di scuola (lui il freak della classe), le ragazze, le canne, le prime esperienze sessuali, via da casa, l’incontro con un signore… E, insomma, “Nomi, facce, urla e pianti di un pesantissimo, insostenibile passato”.
Stacanovista, legge tutto quello che gli mandano gli scrittori, “testi densi”, “testi pop”, “gli obbrobri insalvabili”. L’incontro con Isabel, belloccia il giusto, e il suo libro “Lo specchio nero” da leggere e valutare per eventuale pubblicazione. Ottima intesa tra i due con fremiti stuzzicarelli finiti bene e si capisce dove. Alla notizia della scoperta dei cadaveri riprende l’assillo e la ricerca ossessiva della verità in un continuo alternarsi di alti e bassi. In corsivo qualcuno che soliloquia (mio conio) o scrive su Walter, il quale deve stare tranquillo fino a quando non incontrerà un cancello “E tutto finirà come deve finire” (miezzeca!).
Una Bologna descritta con affetto, stile brioso, ironia pungente sul mondo dell’editoria, musica, soprattutto rock, libri, scrittori, sogni, incubi, paura, l’amore che addolcisce, l’amore che ferisce, gli specchietti per le allodole, per noi lettori, doppio colpo a sorpresa finale tanto per gradire. Realtà e finzione, tutto si mescola e si inebria e mi immagino come si sia divertito l’autore a scrivere questa storia “strana” e inquietante (così come brividoso era stato il suo racconto Bambini nel grano in Delitti in vacanza di AA.VV., Newton Compton 2015). Aggiungo il mistero della camera chiusa insieme alla citazione degli amati scacchi. Una manna per il sottoscritto. Bel libro, noir o thriller psicologico che sia, anche senza il mistero della camera chiusa e la citazione degli scacchi.
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