La targa di Andrea Camilleri, Rizzoli 2015.
“Vigata, 1940. La sera dell’11 giugno, il giorno dopo l’entrata in guerra dell’Italia salutata dal paese intero come “la vincita di una quaterna al lotto”, al circolo Fascio & Famiglia ricompare d’improvviso, dopo cinque anni di confino in quanto “diffamatore sistematico del regime fascista”, Michele Ragusano”.
Essendo stato radiato da socio lì non ci può stare. Prima, però, in senso dispregiativo deve riavere indietro i soldi delle quote d’iscrizione per “don Manueli Persico” di novantasette anni, un vecchio fascistone a cui prende un colpo (vero) dopo che il suddetto Michele gli ha spiattellato il nome di Antonio Cannizzaro (perché?).
Ergo Ragusano in carcere e gli amici pronti ad intestare una via all’eroe, caduto in qualche modo in “battaglia”. Dirlo è facile ma metterlo in pratica difficilissimo che tutti hanno pronta una loro soluzione. Tra l’altro occorre dare la pensione alla mogliettina venticinquenne di Persico (primo marito morto in guerra) che si lascia consolare da un paio di soci del circolo, ma non dal “dottori Alletto” che se la lega al dito e incomincia a scuriosare sulla vita del defunto. E ne trova delle belle, mentre la targa del “Caduto per la causa fascista” non trova pace.
Una parodia del fascismo e di certi fascisti, ironia pungente e sorriso sparsi dappertutto (da manuale il funerale).
A cui si aggiunge la lettera di Giuseppina Torregrossa al “Maestro” Camilleri. La sua storia di siciliana nella scuola di monache a Roma in perenne lotta con la e” troppo larga e la “o” strascicata, la lettura del presente libro all’ospedale con risate e qualche piccolo appunto su certi personaggi (sono d’accordo su Persico che almeno una toccata di culo alla mogliettina gliela avrà data).
Conclusione: a mia il parto gemellare è garbato una cifra (siciliano e toscano giovanilistico).
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