Il lago della paura di William Kent Krueger, Mondadori 2015.
Cork O’Connor, ex poliziotto, ora investigatore privato, moglie morta da due anni, è riuscito a riunire la sua famiglia dopo tanto tempo, tre figli e la cognata, “a bordo di una casa-battello su un remoto lago canadese”. Con la figlia Jenny, durante una escursione si ritrova su un’isola, quando arriva “un muro di nubi mostruoso” (il derecho) e tale “mostro colpì prima che potessero mettersi in salvo”. Un diluvio di vento e di acqua. I due si disperdono, Jenny rimane sola e in un capanno abbandonato trova un neonato vivo con il labbro leporino e una ragazza indiana torturata e uccisa con un colpo di pistola alla fronte. Fortunatamente padre e figlia riescono a riunirsi ma qualcuno potrebbe tornare per riprendersi il bambino con le più brutte intenzioni. E qualcuno ritorna con un fucile…
Nello stesso tempo l’altra parte della famiglia è in ansia per loro e comincia la ricerca con l’aiuto della polizia. In seguito si darà la caccia all’assassino della ragazza e i sospetti cadranno sul fratello che sembra nel giro del contrabbando.
Una storia complessa, la prima parte degna delle narrazioni di avventura con il terribile temporale e la dispersione della famiglia, la lotta per sopravvivere, lo scontro con il cacciatore, l’arrivo dei “nostri”. E’ una storia, dicevo, dove si intrecciano vicende passate personali dure e crude, gli abusi sessuali, il fanatismo religioso di chi predica la fine del mondo, il commercio della droga, la forza spirituale degli indiani ojibwe per cui anche da una distruzione può nascere il buono, l’amore materno di chi non può avere figli e difende strenuamente il bimbo ritrovato.
Insomma siamo di fronte ad uno stretto legame natura-spiritualità, ricordi e racconti del passato per ricercare il filo conduttore del presente, paure esterne (ombre che si muovono nel buio) e paure interne che attengono all’animo umano. E l’assassino che si aggira spietato.
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