Gelo per i bastardi di Pizzofalcone di Maurizio De Giovanni, Einaudi 2014.
Napoli, freddo cane di novembre. Ci sono tutti al commissariato di Pizzofalcone. Voglio dire il branco di epurati da altri distretti: gli agenti Marco Aragona (macchietta da sbruffoncello che prende una piega quasi poetica nel finale) e Alessandra (Alex) Di Nardo (lesbica senza poter esprimere pubblicamente la propria sessualità, innamorata della dottoressa Rosaria Martone), l’ispettore Lojacono (in apprensione per la figlia), l’anziano vice-commissario Pisanelli (dietro a suicidi che gli sembrano omicidi), Ottavia Calabrese preposta al computer (tutta “presa” dal sottocitato Palma), Francesco Romano di taglia imponente (Hulk per Calabrese, teme di essere lasciato dalla moglie), il commissario Palma a dirigere le operazioni e certamente mi sfugge qualcosa. Episodio precedente con scandalo per una partita di droga che ha rischiato di far chiudere il commissariato.
Due vicende parallele: l’uccisione di un giovane ricercatore e della bella sorella nel loro appartamento e la denuncia, o meglio l’indicazione di una insegnante sulle possibili molestie di un padre alla figlia.
Naturalmente la storia giallistica con i sospettati e le indagini ha il suo peso, che tutta la squadra è sotto osservazione dei capi e dell’opinione pubblica e la soluzione del mistero stuzzica pure il lettore (così come la faccenda delle molestie). Ma non troppo. Direi pure poco. Questo è un romanzo corale in cui la ricerca dell’assassino serve all’autore come mezzo per entrare nelle vite dei personaggi, scavarle a fondo e portare alla luce le loro problematiche: la solitudine, la voglia di esprimere il proprio sesso, gli amori desiderati e impossibili, i difficili rapporti familiari. Già, i rapporti familiari, soprattutto quelli tra padre e figlio/a. Padri che non si accorgono, o non vogliono accorgersi della crescita dei figli, figli tormentati dall’oppressione dei padri e in ogni caso dolori e risentimenti a lacerare gli animi.
Il tutto espresso con una scrittura delicata e sensibile che entra nelle pieghe più profonde (capitoletti in corsivo ad hoc) e scivola fuori, precisa, nel tratteggiare la realtà esterna. A volte certe parole o frasi a ripetere, a martellare un sentimento, un’aspirazione, una speranza, un’idea. Come cornice la città: bancarelle ingombranti, gli scippatori, le grandi banche, i commercianti abusivi, neri, gialli, slavi, italiani, gli avvocati, i magistrati, gli imprenditori. Tutti insieme, ”ognuno con il suo confine privato”. Ognuno chiuso nel proprio orticello, nel proprio tornaconto. Con il gelo nell’aria e il gelo nell’anima. Ma il tempo può migliorare, via.
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