Il telefono senza fili di Marco Malvaldi, Sellerio 2014.
Ci sono libri che ti fanno ritornare ragazzo. Come questo di Malvaldi che mi riporta indietro negli anni al mio paesello toscano, più precisamente al bar “Italia” con il fumo denso e appiccicoso, l’odore aspro del vino, la radio a tutto volume, le bevute, i motteggi, le prese per il culo e le maremme maiale che volavano nell’aria come le rondini a primavera. E con i suoi rappresentanti più significativi, vedi il postino dalla bocca storta, alto due piedi che per arrivare al biliardo si rizzava sulle punte rosso come un cocomero, pronto a tirarti addosso la palla se tanto tanto commentavi a suo sfavore.
Qui è il “BarLume” di Pineta il fulcro del racconto dove si raggruppano i soliti vecchietti che hanno fatto la fortuna dell’autore. Non ci sono le maremme maiale (mi pare) ma le prese per il culo volteggiano come le suddette rondini. D’altra parte siamo in Toscana, terra fertile di simili convenevoli. E vediamoli un po’ questi vecchietti: Ampelio il nonno, Aldo l’intellettuale, il Rimediotti pensionato di destra, Pilade unico juventino, senza contare Massimo il barista. Capaci, in gruppo, di risolvere i casi più difficili. Con l’aiuto del commissario Alice Martelli, figura slanciata, laureata in fisica, drogata di cappuccini, single e un bel cervello.
Ecco il nuovo caso. Vanessa Benedetti è sparita. Gestisce con il marito un agriturismo che tentenna. Dopo avere ordinato una montagna di carne per i suoi ospiti tedeschi, essi vanno a mangiare al “Bocacito”, nuovo ristorante tirato su da Aldo e Massimo. C’è qualcosa che non quadra (perché quella inutile spesa?). Attraverso le illazioni e il pettegolezzo che fuoriesce copioso dal bar arriva la sentenza: il Benedetti, marito della scomparsa, “ha ammazzato la moglie e l’ha buttata nel fosso”. Chiaro, lampante, lapalissiano. Buttiamolo in galera. A ciò si aggiunga la morte di Atlante il Luminoso, al secolo Marcello Barbadori, (si è sparato o gli hanno sparato?) che ha profetizzato da una televisione privata la sua verità sul caso della Benedetti. Non manca il solito giornalista curioso, Saverio Brunetti del “Tirreno”, omino di mezza età con pancetta flaccida a fiutare le notizie come un cane da tartufi.
Tra una battuta e l’altra arriva il corretto alla sambuca, il prosecchino, il fernet, la minerale, l’analcolico (per Aldo) e il ponce per la “Portona”, la portalettere del luogo di notevole stazza. Strizzatina d’occhio al mondo del web, frecciatine sulla società (gli impiegati pubblici non fanno una sega), e al burocratese che non ci si capisce niente. Presente pure il “nobil giuoco” con scacco di scoperta e matto imparabile di Massimo ad un certo Cesare Bertoni a farmi trillare di gioia. Figure indimenticabili i nostri vecchietti, veraci maschere di teatro popolare, come il Rimediotti fornito di dentiera, due bypass, fumo incorporato, colpito a raffica da asma, ischemia, polmonite ed è sempre lì vivo e vegeto. Piccoli sprazzi di malinconia tra i pensieri di Massimo, solo ormai da tanto tempo.
Battute in vernacolo, dicevo, prese in giro, parolacce a babordo e tribordo, ironia pungente anche quando si stende in italiano vero. Seconda parte un po’ pallosetta e pur sempre gradevole.
E allora vai avanti così Malvaldone, ti pigliasse un colpo! Che non è un’offesa ma, qui in Toscana, come un abbraccio fraterno.
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