Partiamo dal primo. Tragica scomparsa del prof. Eugene Wittrich dell’osservatorio reale di Greenwich travolto da una carrozza in Regent Street svanita poi nel nulla. Unico testimone il suo assistente Harold Rabe, accusato di essersi impossessato della scoperta di un nuovo asteroide. Urge un confronto calligrafico da parte di Sherlock Holmes del foglio manoscritto con la prefazione dello stesso Wittrich. Ultime parole del morto “Ticho, Ticho Brahe” con l’aggiunta di “Keplero…Ticho…Keplero”. Un bell’enigma per il Nostro. E poi chi era quel cocchiere “intabarrato e irriconoscibile” che aveva fatto tanta paura al professore? Di mezzo la lotta per i diritti delle donne con la suffragetta Mary a difendere il fratello Harold e pure il caso giudiziario di Oscar Wilde. Insomma diritti sociali e diritti dell’amore, compreso quello gay. Capire le donne uno studio inutile per Sherlock. “Deliziosamente inutile” per Watson.
Veniamo al secondo. Scoperta di due taccuini legati insieme da uno spago. Nel primo abbiamo un colloquio tra Moriarty e il colonnello Sebastian, nemici assatanati di Holmes. Discutono di un delitto che avrebbe dovuto essere perfetto. Sbagliata, invece, l’esecuzione. Da un articolo del “The Times” apprendiamo l’accaduto, ovvero la morte di Lord Hanry Longworth nel suo studio, porta chiusa a chiave dall’interno sfondata dal domestico e dallo stalliere. Accanto una bottiglia di gin. Conclusione: avvelenamento da monossido di carbonio per errato funzionamento del camino. Su opera di Sherlock Holmes arrestato il nipote, Albert Dovenport. Poi Moriarty si accorge che Holmes ha visitato, addirittura, la sua casa.
Si passa dall’”altra parte” (secondo taccuino) con Watson e la moglie Mary entrata nelle simpatie di Sherlock, ora più magro del solito, “viso stanco e affilato” ma occhi sempre “vivi e penetranti”, la lunga pipa di ciliegio a fargli compagnia. Sta riferendo all’amico la conclusione per cui è arrivato ad incriminare il nipote di Lord Longworth. E, dunque, “non è quello che ho trovato che mi ha fatto pensare all’omicidio, ma quello che non ho trovato”. Elementare. Con battute sul matrimonio, vero toccasana per Watson. Due punti di vista. Ecco perché i taccuini erano legati assieme.
Se a questi pregevoli racconti, dove non manca il sorriso, si aggiungono tutte le altre rubriche della rivista allora si forma un numero davvero speciale.
Un grazie al direttore Luigi Pachì e a tutti i suoi collaboratori.
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