Il tempo non cancella di Roberta De Falco, Sperling & Kupfer 2014.
Trieste. Stelio Kunz, “critico letterario per necessità” e “scrittore incompreso”, deve scrivere un pezzo su Ivo Radek, scrittore famosissimo, che si appresta a ricevere la laurea honoris causa dall’Università.
A Trieste anche Rhoda Wallace, importante agente letterario dello stesso Ivo Radek, che viene a fagiolo per il commissario Ettore Benussi, uscito indenne da un incidente di otto mesi prima (moglie Carla, figlia Livia) per il suo gialletto (anche lui scrive, mannaggia) e chissà che la bella Rhoda non lo aiuti a realizzare il suo sogno. In corsivo e in prima persona, raccontata da un vecchio che sta per morire, la vicenda dell’esodo istriano sotto i talloni di Tito e nello stesso tempo la storia sofferta d’amore di due giovani per la stessa ragazza.
La linea di indagine del commissario Benussi (goliardichetto il giusto) si sviluppa dal fatto che Ivo Radek viene colpito pesantemente alla testa nella biblioteca della facoltà universitaria dove si è svolta la premiazione ed è portato in fin di vita all’ospedale. Ma il libro è, soprattutto, un condensato di varie problematiche legate alla società tra cui: storie di clandestini, storie individuali e sentimentali che si intrecciano fra loro, storie familiari, rapporti duri e difficili moglie-marito o genitori-figli, il ritrovamento di una madre da parte della figlia abbandonata alla nascita in un orfanotrofio, la forza di una donna abbandonata dal marito che ce la fa a rompere con il nuovo compagno. Dolore, solitudine, rabbia, malinconia ma anche lo slancio di aiutare gli altri con Violeta e padre Florence attraverso la loro struttura d’accoglienza.
Il libro è, pure, una specie di sarcastico pamphlet sulla mania di scrittura che prende tutti i bipedi pensanti (compresa l’autrice e il sottoscritto, dico io), sui brutti manoscritti infarciti di sesso e violenza, sui gialli che arrivano da ogni parte con “serial killer psicopatici e asociali” e sulla lotta all’ultimo sangue fra le case editrici.
Un romanzo, un romanzetto a tratti toccante (soprattutto il corsivo) ma nel complesso stereotipato e scontato con una scrittura che non lascia il segno. Però mi pare giusto sottolineare il giudizio estremamente positivo in copertina di Maurizio De Giovanni sulla scrittrice “Una voce che promette di diventare sempre più importante nel polifonico coro del romanzo nero italiano contemporaneo”. Per correttezza nei confronti del lettore.
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