Nel numero 146 della collana I bassotti, la Polillo Editore ci fa conoscere un autore americano che a partire dagli anni ’30 ebbe un grande successo con i suoi romanzi gialli nei quali appariva il capo della polizia di New York: Anthony Abbot.
Il romanzo in questi giorni in libreria porta il titolo di Sette piccioni sporchi di sangue (About the Murder of Geraldine Foster, 1930) di Anthony Abbot pseudonimo con il quale l’autore firmava i suoi romanzi gialli (in tutto scrisse otto romanzi). ilsuo vero nome era Charles Fulton Oursler e con questo nome firmo molti altri romanzi di altro genere come il famoso The Greatest Story Ever Told che era il racconto della vita di Gesù Cristo.
Il romanzo si apre con la scomparsa misteriosa di una ragazza seria e irreprensibile: Geraldine Foster. I misteri che deve risolvere l’investigatore sono molteplici, discordandi come la rottura del suo fidanzamento a pochi giorni dalle nozze, una lettera da lei scritta e poi stracciata, ma l’inchiostro non è quello che lei usava e molto altro ancora.
Un mystery elaborato ed eccitante che terrà ben desta l’attenzione del lettore.
L’autore:
Anthony Abbot (1893-1952), pseudonimo di Charles Fulton Oursler, nacque a Baltimora, nel Maryland. Abbandonata la scuola in giovanissima età, svolse svariati mestieri – impiegato in uno studio legale, imballatore in un grande magazzino, prestigiatore nei night-club – prima di scoprire la vocazione per la scrittura. Dopo aver lavorato come reporter per il Baltimore American, nel 1918 si trasferì a New York dove, di lì a poco, venne assunto dalla McFadden Publications, una casa editrice di riviste popolari. Sotto lo pseudonimo di Anthony Abbot pubblicò otto gialli che risentono dell’influenza di S. S. Van Dine e del primo Ellery Queen. Nel romanzo d’esordio, About the Murder of Geraldine Foster (Sette piccioni sporchi di sangue) introdusse il personaggio ricorrente di Thatcher Colt. Nel 1949, quando ormai le sue storie poliziesche erano solo un ricordo, conquistò vasta fama con The Greatest Story Ever Told, il racconto della vita di Cristo, un bestseller da oltre due milioni di copie da cui nel 1965 venne tratto un kolossal cinematografico. Viaggiatore instancabile e uomo dai molteplici talenti, Oursler fu anche responsabile editoriale del Reader’s Digest, conduttore radiofonico, sceneggiatore, critico, ventriloquo, investigatore dell’occulto e agente sotto copertura per l’FBI. La sua autobiografia, Behold This Dreamer, uscì postuma nel 1964.
La “quarta”:
Geraldine Foster è una ragazza seria, senza tanti grilli per la testa. Così, quando una sera non ritorna a casa dal lavoro, la sua coinquilina, Betty Canfield, pensa subito al peggio e si rivolge a Thatcher Colt, un vecchio amico dello zio, che è a capo della polizia di New York. Non molto convinto, questi inizia a indagare, ma deve abbandonare il suo scetticismo quando dal sopralluogo nella stanza della ragazza emergono alcuni elementi misteriosi. Cosa ci fa una lettera strappata dal cui contenuto s’intuisce un ricatto? Perché l’inchiostro con il quale Geraldine l’ha scritta è diverso da quello che si trova nella penna? E poi, qual è il motivo dell’inaspettata quanto inspiegabile rottura del suo fidanzamento a pochi giorni dalle nozze? Potrebbe essere il dottor Humphrey Maskell, l’affascinante e chiacchierato medico presso il cui studio lei lavorava come segretaria. Infatti anche in quel luogo molte cose non tornano, come per esempio la presenza del cappotto e delle chiavi di Geraldine nonostante la sera della scomparsa avesse sicuramente lasciato lo studio. Ma c’è un altro fatto sconcertante che stavolta riguarda la casa in Peddler’s Road presa in affitto dal dottore: sulla soglia giacciono sette piccioni morti imbrattati di sangue…
Anthony Abbot, Sette piccioni sporchi di sangue (About the Murder of Geraldine Foster, 1930)
Traduzione Igor Longo
Polillo Editore, collana I bassotti 146, pagg. 204, euro 14,90
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