Il Palazzo dalle Cinque Porte di Stefano Di Marino, Mondadori 2014.

“Sebastiano “Bas” Salieri è un illusionista e uno studioso di tradizioni occulte e di misteri. E al suo arrivo a Venezia per prendere possesso di un’eredità, i misteri certo non mancano. Prima di tutto il Palazzo dalle Cinque Porte, lasciatogli dallo zio Mattia, di porte ne ha quattro. La stessa morte accidentale dello zio solleva parecchi dubbi, e all’incidente non crede neanche il vicequestore Panitta, uomo pratico e con i piedi per terra”.

Per essere più precisi lo zio è stato bruciato vivo da un incendio  mentre stava incatramando una vecchia gondola. Un delitto mascherato da incidente? La vicenda è complessa e intrigante. Si scopre che intorno al defunto circolano personaggi interessati all’occultismo, un libro e un simbolo misterioso, un quadro altrettanto misterioso di un pittore maledetto del Cinquecento, un delitto insoluto di dieci anni prima, una confraternita dedita a sacrifici umani, una figura femminile che appare e scompare all’improvviso sotto gli occhi dello stesso Bas.

Il quale Bas (ricordi di guerra e violenza) conduce le indagini insieme alla bella fotografa Martina (evitate le solite scene di sesso) e al vicequestore Panitta in una Venezia invernale avvolta nella nebbia. E quando incominciano ad arrivare i primi delitti la tensione aumenta, il ritmo si fa concitato, un’aria di brivido scivola lungo la vicenda tra realtà e irrealtà, in un continuo tourbillon di colpi di scena.

Una grande storia narrata con la perizia e la passione di chi ha dedicato una vita alla scrittura anche in campi diversi. E se il sottoscritto ha come avuto la sensazione che il tentativo di suscitare interesse e sbalordire il lettore sia rimasto talvolta sopra le righe, come un tambureggiare troppo insistente, questo si confina nel gusto personale.

Stefano Di Marino “Scrivere, raccontare storie “vivendo” l’esperienza del narratore per davvero, significa anche accettare delle sfida. Vuol dire seguire a volte impulsi e suggestioni anche un po’ diversi (non contrastanti) con quello che si fa di solito e sembra “garantito”. Credo sia l’unico modo per migliorare e tenere via l’attenzione dei lettori”.

Sottoscrivo.

Per “I racconti del giallo” “Ventitré” di Sergio Cova.

Ventitré pugnalate, una sola mortale in pieno petto. A Lucio Cossu, sessantadue anni, attore. Sospettati Anna Tedeschi, rimasta incinta del morto; Stefania Dolli, fidanzata di tutti e dunque anche del sopracitato cadavere; Giulio Donati messo in secondo piano dall’arrivo del medesimo senza vita; e Silvio Tommasi, il regista, che Lucio voleva farlo fuori (dallo spettacolo) perché cominciava a pretendere troppo. Una bella rogna per il tenente colonnello Ares Belmonte. Però a guardarli tutti insieme e ripensando alle Idi di marzo… Ma non c’è uno straccio di prova!