Nella notte, in uno scenario fatato, con qualche sequenza in cui la nebbia è chiaramente un effetto speciale, John si aggira in preda a febbrile necessità di scoprire il vero. Trova la cieca veggente che ancora una volta, prima di cadere in preda a una crisi, lo avverte di fuggire. Lui si allontana nella notte e scorge nuovamente la figuretta in rosso che si convince essere la figlia. Siamo qui nel clou onirico della vicenda, molto di moda all’epoca. Laura, rientrata in città, lo segue disperatamente terrorizzata dalle profezie della veggente, la polizia brancola, ma lo pedina.

Alla fine, in maniera forse non perfettamente soddisfacente per chi si aspetta una spiegazione logica, John incontra la bambina con l’impermeabile rosso. Scopre con orrore che si tratta del famoso maniaco, un’orribile nana armata di mannaia che lo uccide. Diventa chiaro allora che la visione del funerale, come l’inziale presentimento sulla sorte della figlia, erano precognizioni. John muore senza che l’assassino sia arrestato ma con diritto a un funerale sontuoso che rispecchia la sua precedente visione.

            

Film lento e non del tutto logico nello svolgimento ma ottimamente interpretato e filmato. In particolare gli scorci di Venezia labirintica dove allo straniero ogni calle pare identica alla precedente ed è facile perdersi, alcune immagini specifiche che evocano delitti e sortilegi risultano tutt’oggi estremamente ben congeniati. Dopotutto non credo che lo scopo di Roeg fosse quello di raccontare un thriller secondo i canoni classici quanto di giocare con le atmosfere, con “l’immanente sovrannaturale” che all’epoca era di gran moda.

E tra Sutherland, la Christie, Serato e gli altri interpreti minori inseriti nel panorama veneziano, penso ci sia riuscito benissimo, imprimendo nella mia testa come in quella di molti altri spettatori, immagini forti, capaci di suggerire altre storie, altri misteri.