Io credo, salvo qualche tetragono difensore della logica a ogni costo, che un pizzico di mistero, un accenno a una possibile “presenza” sia in questo tipo di racconti più che accettabile. A volte anche quando sono innegabili alcune forzature la storia, se ben raccontata, risulta interessante.Mi capitava, tempo fa, di rivedere un piccolo gioiello della nostra cinematografia, I Vampiri di Riccardo Freda, cui partecipò Mario Bava non solo alla sceneggiatura ma anche alla regia. Siamo nel 1956 e Riccardo Freda lancia la sua sfida alla produzione dichiarando di poter girare in pochi giorni un film avvincente a basso costo. L’idea che aveva in testa era prettamente gotica, una storia sovrannaturale che con il Giallo e il Mystery c’entrava ben poco. La produzione non era del tutto convinta per cui l’allora giovanissimo Mario Bava, noto soprattutto come operatore, fu chiamato a apportare il suo contributo in una maniera tale da stravolgere quasi il prodotto iniziale ed essere accreditato anche alla regia.Al di là del fatto che tutto il decòr del film (girato negli studi romani) mette in scena una Parigi misteriosa e un castello avito traboccante di simbologie gotico fantastiche di grande atmosfera, I Vampiri non è strettamente una storia sovrannaturale. Prima di tutto di vampiri veri non ce n’è traccia. “Vampiro” è il termine attribuito dalla stampa a un misterioso assassino che in poco più di un mese ha ucciso sei giovani donne lasciandole completamente dissanguate. Niente segni di canini ma solo di punture praticate con normalissimi aghi. Il giornalista Pierre Lantec è convinto che si tratti di un maniaco e una conversazione con un esperto della scientifica lo induce a sospettare che sia coinvolto un tossicodipendente, strano figuro che ha tutte le caratteristiche del moderno serial killer.

In tutta questa fase della vicenda la storia segue un canovaccio realistico. L’aitante giornalista è ostacolato da un burbero poliziotto che lo invita a non fare “il detective dilettante” e dal misterioso rapitore che si rivelerà solo lo strumento dei rapimenti. Comincia poi la parte più gotica della storia. Qui effettivamente entrano in gioco elementi presi da altri filoni come il Mad Doctor che cerca la formula dell’immortalità per la vecchia contessa che viene tenuta giovane (e in questi casi assume l’identità della sua immaginaria nipote) attraverso trasfusione di sangue di vergine. Insomma un po’ la contessa Bathory, ma in una chiave in cui il fantastico e l’irrazionale sono strettamente sotto il controllo della sceneggiatura.

Se è innegabile che esita una componente fantastica, non razionale della vicenda, è anche evidente che tutta l’indagine si svolge secondo i canoni del giallo investigativo.

        

Forse perché non mi ritengo un fanatico delle regole del genere se non altro per il fatto che le norme esistono per essere infrante. Ritengo che si tratti di un’opera riuscita e gradevole, anche se non la citerei esattamente tra i gialli.

La figura del morto che ritorna a cercare vendetta, la maledizione, lo spirito inquieto sono, come la vecchia magione e la brughiera, elementi fondamentali del Giallo d’atmosfera. Allo stesso modo, negli anni ’60/’70 la parapsicologia e l’occulto entrarono di prepotenza nella cultura popolare e non è difficile trovare tracce di queste suggestioni nei gialli anche più riusciti.