La mano di Henning Mankell, Marsilio 2013.
Sabato, 26 ottobre 2002. Centrale di polizia di Ystad. Nel suo ufficio Kurt Wallander stanco e sfiduciato con un crescente malessere che si porta dentro. Non ha voglia di ritornare a casa in Mariagatan. Persa la moglie, perso il padre (gli manca molto), vive con la figlia Linda che lavora anch’essa nella polizia. Il suo sogno è quello di trovare una abitazione in campagna e di passarvi il resto della sua esistenza insieme ad una donna e un cane. Sogno che sembra realizzarsi con l’eventuale acquisto di una casa segnalatagli dal collega di lavoro Martinsson. Solo che dal giardino esce fuori lo scheletro di una mano. Progetto spezzato e bisogna trovare a chi appartiene. E’ di una donna, di circa cinquant’anni, impiccata.
Dunque al lavoro e solita vita. Rogiti e carte per capire la storia della casa, pochi momenti di relax, il disco di Beethoven, il rapporto un po’ teso con Linda, la gelosia per un suo fidanzato, il sentirsi vecchio e allo stesso tempo la voglia di scoprire il mistero (il poliziotto è fatto per questo). E allora l’incertezza, il dubbio, la voglia di lasciatre tutto, il rapporto con gli altri compagni di lavoro, qualche critica alla polizia nella gestione dei fondi, la cruda verità che viene lentamente a galla (c’è pure un diario) dove è difficile separare il bene dal male.
Storia delicata in terza, e sporadicamente in prima dallo stesso Wallander, con una scrittura piana, lineare, che scava leggera all’interno, suscita ricordi, desideri, nostalgie. Bastano pochi tocchi per far vivere un personaggio, per creare un’atmosfera, accompagnata dalla lieve presenza della realtà (il rumore di un trattore, un nibbio solitario) che lascia dietro di sé un senso di malinconica tristezza.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID