Avevo già visto qualche episodio alla televisione e mi era piaciuto, sia per la trama che per la interpretazione. Così non ho avuto difficoltà ad impadronirmi di La scelta di Murdoch di Maureen Jennings, Mondadori 2013.
Siamo a Toronto nel 1895 in un gelido inverno canadese. Una giovane ragazza assiderata in mezzo alla neve, tra l’altro pure incinta e satura d’oppio. Trattasi di Therese Laporte, cameriera presso i Rhodes. Un caso importante per l’investigatore reggente William Murdoch che potrebbe portarlo ad ottenere una promozione nella polizia cittadina. Murdoch è un giovane che ha perduto da due anni la sua fidanzata Elizabeth Milner, stroncata dal tifo nell’arco di cinque giorni. Metodico, preciso, paziente e nello stesso tempo ostinato nelle sue convinzioni, vive in affitto dai Kitchen, anche loro cattolici, vicino alla stazione di polizia. Suo diretto superiore Thomas Brackenreid con il quale si trova spesso in contrasto come da manuale.
La storia si svolge praticamente tra i membri della famiglia Rhodes (rapporto finito tra marito e moglie), le due prostitute che hanno avuto contatto con la morta, le indagini del nostro Murdoch in un ambiente sociale dominato dalle malattie (tifo e tubercolosi), dalla prostituzione e dalla povertà (portata come esempio la dura vita degli strilloni, ragazzi che vendono giornali per strada). In una atmosfera di dubbi e sospetti in cui tutti hanno qualcosa da nascondere, vedi il tradimento e sistemi pericolosi di cura come l’ipnotismo.
Una trama semplice e concreta che fila via su binari consolidati: un morto assassinato, qualcuno che ha visto e che si trova in pericolo, i pensieri e le azioni del colpevole in corsivo, lo sguardo dell’autore che si alterna sui principali personaggi, il drammatico finale. Scrittura precisa e attenta ai particolari per ricreare un determinato contorno storico.
Con il Nostro un po’ turbato per i richiami della carne che incominciano a farsi sentire. Sta per arrivare dai Kitchen, come pensionante, una giovane vedova “e pare che sia una bella ragazza”. Alla prossima.
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