Con il libro di Corona mi era andata bene. Solo un attimo di sbandamento a fine lettura e la mogliera pronta a tenermi in piedi. Con quello di Pupo mi ero già premunito di sali di rianimazione e la figliola decisa a venirmi in soccorso. Per non creare problemi a nessuno della famiglia ho deciso di mandare via tutti e leggere Non si può morire la notte di Natale di Enrico Ruggeri, Baldini e Castoldi 2012, direttamente sul letto con preghiera che il Signore me la mandasse buona.
Sin dall’inizio mi sono accorto che la prece aveva avuto il suo bell’effetto. Una scrittura semplice, composta, ma non per questo banale, un’idea non nuova ma interessante. Notte del 24 dicembre. C’è un moribondo che racconta a noi lettori (ma non può parlare agli altri), che vede, osserva, ricorda, cerca di capire cosa gli sia successo. Ha una ferita alla tempia destra, perde sangue dalla bocca e ha una rivoltella in mano, la sua. Scena da suicidio, eppure, eppure lui non ne è mica convinto…
Intanto si presenta e presenta la sua famiglia: Giorgio Sala attore, ex moglie Carola, due figli Giorgio e Vittorio, madre Emma, padre di cui mi pare che non faccia menzione del nome (e questo già la dice lunga), zia Virginia, donna di servizio Irina. Un dubbio atroce lo assale, che l’assassino sia uno di loro, una delle persone che vengono a trovarlo, che gli parla e lo imbocca. Deve ricordarsi quella notte, che cosa sia veramente successo. Dall’ospedale viene portato a casa di Carola e Irina non è per nulla convinta del suicidio. Inizia con il suo aiuto una strana indagine…
Si tratta di una storia centrata soprattutto sui ricordi del protagonista. Ricordi del suo matrimonio fallito, dei genitori, del padre in particolare che dilapidava tutto il patrimonio, silenzioso e lontano da lui, di se stesso, lo “sciupafemmine” sempre dietro alle sottane, ricordi e accuse del figlio maggiore, ricordi dell’amante Barbara amica dell’ex moglie, ricordi della madre e della sua terribile sentenza “Un giorno pagherai per tutto questo”. E poi momenti di ripensamento, riflessione e autocritica “Le persone come me rimuovono, si assolvono, voltano pagina rapidamente”.
Arrivano le prime scoperte da parte di Irina, i dubbi, i tormenti, una amica di teatro, Michela, innamorata che non molla ma che viene respinta, incominciano i progressi, si alza da solo, si mette a scrivere, si esercita a parlare. Passa il tempo, passano i mesi, infine la scoperta, la riunione finale della famiglia. Il cerchio si chiude.
L’”indagine”, però, resta ai margini. In primo piano uno spaccato di vita, la storia di una vita vista dall’interno con i suoi rapporti con gli altri, il matrimonio, i figli, i genitori, i tradimenti, le speranze, le delusioni, i fallimenti. Una malinconica tristezza che scivola lungo tutto il libro.
E una giusta autocritica. Non c’era bisogno che lo leggessi a letto.
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