I re del mondo di Don Winslow, Einaudi Stile Libero Big 2012.
Praticamente il prequel de “Le belve” già recensito proprio qui. Laguna Beach 2005. Ben, Chon e O (Ophelia) amici per la pelle a spaparanzarsi. Il trio gestisce un traffico di marijuana idroponica (Ben ne ha prodotta una molto buona) ma qualcuno vuole la tangente sui guadagni e allora cominciano i guai risolti da Chon con i soliti mezzi spicci (lui crede nella violenza, Ben no). Questi ha un padre trafficante di droga, un saluto e via, legge libri ed è esperto di film. O è innamorata di lui fin da ragazzetta ma viene respinta (al momento) ed ha una madre, Paqu, ora assente, ora soffocante.
Passaggio temporale a ritroso nel mondo degli hippy surfisti degli anni sessanta e settanta tra cui i genitori dei già nominati. Promiscuità, il disagio della bambina Kim (odia lo sporco, il caos, la mancanza di privacy) ma crescendo sa quello che vuole, come sfruttare la sua bellezza per migliorare la propria condizione economica. I soldi sono importanti, essenziali e gli hippy da rivoluzionari diventano sfruttatori di droga. I problemi aumentano, si si acuiscono “Litigano fra loro per il territorio, i clienti, i fornitori. Gente che condivideva la stessa onda, non può condividere il business della coca”.
La polizia non è immune dal disfacimento morale, poliziotti corrotti come Dennis e Lado entrano in simbiosi con il malaffare. Ecco le mazzette per chiudere un occhio, per salvare qualcuno dal carcere. Ecco sesso, tradimento, violenza, i bastardi che si ammazzano come al macello. Ecco farsi avanti la Mafia.
Varie vicende personali si ricompongono a pezzi come in un puzzle, il sogno di una generazione che diventa incubo, l’idealismo realismo, il realismo cinismo, il cinismo apatia, l’apatia egoismo, la Storia che si impantana tra il Watergate, l’Irangate, il Contragate, scandali e corruzione dappertutto. Non a caso un intreccio perverso tra polizia, trafficanti di droga, mafia e cartelli messicani.
Capitoletti brevi, a volte stucchevolmente brevi, passaggio veloce da una vicenda all’altra e da un momento all’altro della stessa vicenda, raffiche di parole alternate a discorsi più ampi e alternarsi di cadenze temporali. Un virtuosismo, quello di Winslow, che diventa nella sua infinita ripetitività quasi un manierismo che sbiadisce l’evoluzione storica e quella individuale, i desideri, i sentimenti e le passioni fluttuanti nel tessuto narrativo corposamente sfilacciato.
Un libro interessante e sprecato. Soprattutto sprecato.
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