Il caso Maloney di Graham Hurley, time Crime 2012.
Già di questa nuova casa editrice avevo letto con soddisfazione Omicidio allo specchio di Ryan David Jahn, praticamente un’idea del “doppio” ampiamente collaudata nella storia del romanzo poliziesco ma qui svolta in maniera piuttosto originale. Per cui non ho avuto difficoltà a beccarmi “Il caso Maloney”, tenendo presente anche il prezzo leccornioso (mio conio) che in periodi di crisi come quello in cui viviamo non è per niente da buttare.
Siamo a Portsmouth, città povera e violenta dell’Inghilterra. Difficile vivere qui da semplice cittadino ma anche da poliziotto. Ne sa qualcosa l’ispettore Joe Faraday alle prese con malviventi ed un sistema poliziesco che non gli piace. Soprattutto il metodo poco ortodosso di Paul Winter che basa il suo lavoro sullo sfruttamento degli “informatori”. Il caso nuovo è la scomparsa di Stewart Maloney (prima, a dir la verità, c’è la morte a calci di un uomo), docente a contratto all’università, denunciata dalla figlia di nove anni. Qualche breve indagine lo convince che Stewart è stato ucciso in contrasto con le opinioni di certi colleghi che si trovano impegnati soprattutto nella operazione “Red Rum”, tesa a mettere le mani su un grosso commerciante di droga.
Faraday, comunque, continua testardo nelle sue ricerche, colpito dai ricordi della moglie morta prematuramente e dal problema del figlio nato sordo con il quale è riuscito a stabilire un certo tipo di comunicazione, basato sul volo degli uccelli. Al ritorno da una sua vacanza il rapporto diventa difficile. “Sembrava non avessero più niente da dirsi”, il figlio è “distante, critico, freddo, diffidente”. L’ispettore si sente “vecchio e solo e improvvisamente fragile”, ma non desiste e alla fine la sua diventerà “una partita a scacchi, uno contro uno”.
Attorno a questo personaggio ruota una squadra di lavoro con le caratteristiche personali e le problematiche della vita di ognuno (ottimo il suo rapporto con il sergente Cathy Lamb, un donnone sportivo con problemi matrimoniali), in una società violenta (droga, furti, scassi, rapine), tra l’indifferenza della polizia che cerca pure di mettere i bastoni fra le ruote a chi vuole compiere il proprio dovere. “Ogni vita aveva un prezzo- misurato in ore di lavoro, straordinari e moduli da compilare- e Maloney, semplicemente, aveva esaurito il suo credito”.
Qualche parte prolissa ed uggiosetta, poi tutto fila via liscio con una prosa semplice e naturale senza sobbalzi di sorta che entra nelle pieghe intime del personaggio principale, un uomo onesto alle prese con una dura realtà e con un forte bisogno di amicizia (oltre che in Cathy la trova anche in un altro bel personaggio femminile). In più c’è la natura che avvolge e addolcisce con la quale Faraday si sente in intima consonanza e una patina di malinconia che corre lungo tutta la storia insieme ad un senso di impotenza e frustrazione.
Faraday è una specie di eroe raccolto in se stesso, quasi sbiadito nella sua testarda normalità. E forse per questo ancora più forte.
Una buona lettura senza urletto finale di gioia e le solite cinquanta pagine di sovraccarico che si trovano ormai dappertutto.
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