In un periodo in cui l’Inghilterra ha ripreso le sue ostilità contro l’avversaria di sempre, con la regina d’origine polacca Maria Leczinki bigotta, debole e poco interessata alla ragion di Stato e alla cura personale del consorte, occupata a lottare con il distacco in crescente aumento tra il popolo e la corte reale, la Pompadour si rivela il vero cardine del regno, una moglie, amante, consigliera e complice. Lei ha le doti caratteriali di energia, determinazione e coraggio che al re mancano totalmente. Avventuriera senza scrupoli o donna innamorata, è un fatto certo che la grande favorita riveste con gli anni un ruolo sempre più determinante al fianco del sovrano, a volte addirittura sostituendosi a lui negli affari politici, diplomatici e militari. Al punto di cantare, in una delle sue rappresentazioni teatrali, sotto i panni di Armida, l’arrogante sonetto “Infine, egli è sotto la mia potenza”. Una vera e propria celebrazione pubblica della sua potenza e dalle sue eclettiche doti. La corte viene completamente rinnovata dalla sua presenza e il rigido protocollo ereditato dal “Re Sole” più volte scalzato. Allestisce due teatri ai lati della Cappella Reale, amministra in proprio le terre che ha ricevuto in dono dal re a Crecy, La Celle, Aulnay, Saint-Remy, riscuotendone le rendite, dispone delle residenze reali di Fontainebleau, Compiègne, dei Conti d’Evreux, Bellevue, Brimborion, ristrutturandole con raro gusto artistico. Trasforma le vetuste tenute reali in preziosi progetti architettonici all’avanguardia, vere e autentiche gemme capaci di rivoluzionare il gusto estetico dell’epoca. Commissiona opere e lavori ai migliori talenti del tempo, alcuni dei quali scopre lei stessa: Jean-Baptiste Oudray, François Boucher, Joseph Vernet, Charles Vanloo, Adam Lambert, Guillaume Coustou, Jean-Baptiste Pigalle, Jean-Marie Falconet.
In breve la luce della sua personalità rivoluziona tutto in terra di Francia, dalla moda dell’abbigliamento femminile, dall’arredamento all’architettura. A lei si devono molti capolavori dell’arte francese del Settecento. Si circonda di personalità, letterati, scienziati tra cui spiccano i nomi di Charles Duclos, Bernard Fontenelle, Denys Diderot, Bernard Pierre, François-Marie Arouet, meglio noto come Voltaire. È per suo volere che Luigi XV ordina il trasferimento degli stabilimenti della fabbrica delle porcellane a Sèvres, favorendone lo sviluppo fino a farla diventare una delle più celebri industrie manifatturiere del mondo, un marchio di qualità noto ancora oggi. È lei l’anima dell’Illuminismo nascente, lei l’artefice della grande rivoluzione culturale francese, lei che annuncia la nascita del nuovo liberalismo europeo. È grazie a lei che il sovrano si riprende dall’attentato del 1757 al Trianon, lei che è la sola in grado di convincerlo della follia dell’esaltato che lo ha pugnalato e dell’indiscussa fedeltà del suo popolo. Ancora una volta è lei l’amante, l’amica necessaria, ma anche il consigliere e il primo ministro. È lei, dietro le spalle del re, la sovrana indiscussa che regna sull’intera nazione. Lei che nomina i generali, riceve gli ambasciatori delle potenze straniere, scrive istruzioni per i comandi francesi al fronte, detta la corrispondenza ufficiale per tutte le corti europee, tratta da pari a pari con i potenti della terra. Una donna che, da semplice borghese, arriva a ottenere impensati riconoscimenti, come quello tributatole dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria che, nella sua corrispondenza, la chiama ;“Cara Cugina”.
Sostenendo un sovrano che è più interessato alla vita privata che non al prestigio pubblico, sola in mezzo a una corte asfissiata dal protocollo e avvelenata dai complotti, travolta in una serie di campagne di guerra sempre più sfortunate, artefice di una serie infinita di nomine, sostituzioni e destituzioni, impegnata in carteggi sempre più intricati con le più sofisticate intelligenze delle cancellerie europee, la Pompadour non ha però, né per nascita né per educazione, gli strumenti necessari per governare un regno così vasto in un periodo storico così difficile. Eppure i suoi unici interessi, dopo aver ripagato i debiti d’onore e aver assicurato titoli e donazioni al suo entourage personale, sono quelli della Francia e della ragion di Stato, primo fra tutti la difesa a oltranza della somma autorità del sovrano. La grande favorita pensa a tutto e s’interessa di tutto, ma non sempre agisce per il meglio e non tutti i risultati tornano a suo favore.
Nel suo ventennio di regina senza corona, continua da sola a guidare uno Stato in crisi e un sovrano sempre debole preda delle correnti, passando dalla vittoriosa campagna di Fiandra (1744-47) alla discutibile Pace di Aix-la-Chapelle (1748), dall’inevitabile sgretolamento dei domini coloniali ordito dall’Inghilterra ai danni della Francia fino al Patto di Famiglia (1761) e alla sospirata Pace di Parigi (1763), che mette fine alla “Guerra dei Sette anni”, piegando però la Francia alle condizioni capestro volute dagli Inglesi. Il Paese ne esce dissanguato e impoverito e all’orizzonte si profilano inquietanti i prossimi soffi della rivoluzione che porterà alla presa della Bastiglia appena venticinque anni dopo. La parabola dell’amica necessaria, della grande favorita, della regina senza regno volge al termine.
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