Così mentre Luigi XV parte per la guerra, Madame de Pompadour diventa ufficialmente, tra l’allestimento di spettacoli teatrali e le commissioni di opere artistiche, la patrona e la protettrice delle belle arti, la promotrice di un nuovo gusto estetico, favorendo l’ascesa di pittori e architetti che diventeranno il fiore all’occhiello della Francia, tra cui il celere pittore François Boucher, autore della maggior parte dei suoi ritratti.
La guerra di successione austriaca si conclude nel 1748 con un nulla di fatto, la pace di Aix-la-Chapelle risulta deludente per i francesi e cominciano a girare i primi libelli che accusano del fallimento diplomatico e del cattivo andamento degli affari interni sia i Pâris, che tengono saldi i cordoni del bilancio statale, sia la favorita del re, che con le sue arti amatorie distrae il sovrano e lo rende inetto a governare saggiamente. Nel frattempo arriva a corte, con la prestigiosa carica di Maresciallo di Francia, il duca de Richelieu, pronipote del celebre cardinale omonimo, che sarà una fiera spina nel fianco per Madame de Pompadour. Pur mantenendo entrambi uno stile e un aplomb correttissimo, i due si combatteranno silenziosamente tra le stanze del palazzo reale senza mai perdere comunque una sorta di fiero rispetto e di stima reciproca. Nessuno dei due ne uscirà vincitore e le loro reciproche posizioni resteranno sempre in stallo.
Presto, le grazie di Madame de Pompadour si appannano, giunta al terzo aborto spontaneo e gravemente provata dalla leucorrea, con il suo famoso fascino sessuale ormai giunto al declino, sembra avvicinarsi fatalmente anche per Jeanne-Antoinette l’ombra della fine e tutti a corte si aspettano da un momento all’altro che Luigi XV, stanco di lei, finalmente dia ascolto alle dicerie e alle insinuazioni, e provveda a ripudiarla, come allora è in uso, con lasciti sostanziosi e un conveniente matrimonio riparatore. Ma lei stupisce tutti, continuando a travolgere la corte con le sue inesauribili risorse, organizzando per il Re una serie continua di spostamenti da un castello all’altro, in un turbine di divertimenti.
Scrive il duca de Croÿ: «Si faceva un gran pranzo [...]. Se il tempo era bello, il re passeggiava o giocava nel salone dopo il pranzo. Poi lavorava o riuniva il consiglio. Alle otto e mezzo si radunavano tutti nel salone, dove il sovrano andava a giocare, e alle nove si cenava [...] Dopo cena, il re faceva due partite, perché gli piacevano molto i giochi d’azzardo, che sapeva fare molto bene e molto rapidamente. Verso le due si coricava. Tale era la vita in tutti i castelli secondari». Presto l’impressione generale è che, per le questioni di Stato, se si vuole avere una risposta dal sovrano, occorre passare attraverso l’intercessione di Madame de Pompadour che, la mattina, tiene camera di consiglio come se fosse un’imperatrice. L’ambasciatore d’Austria, il conte von Kaunitz, dipinge nei suoi rapporti l’immagine di un re gaudente e libertino, troppo dedito ai divertimenti e troppo poco concentrato sui suoi incarichi di governo: «Incapace di applicarsi, impegnato a dividere il tempo nella caccia e in altri piaceri, non ha alcuna idea di cosa significa governare».
Nel 1750, viene inaugurato il nuovo castello della Pompadour a Bellevue, le cui spese, pagate interamente dal sovrano e sottratte alle casse statali, ammontano all’iperbolica cifra di due milioni 600 mila lire. Ma nessuna cifra sembra eccessiva a un sovrano che finalmente ha trovato non solo un’amante attenta e comprensiva, capace di distrarlo e di rasserenarlo come nessun’altra, ma anche “un’amica necessaria”, complice, confidente, consigliera, e sensale. È, infatti, la stessa Pompadour, da questo momento in poi, a procurare al re “carne fresca” per l’alcova, avendo cura di scegliere le candidate tra le migliori bellezze del reame, ma con attenzione somma che non siano, nessuna esclusa, in possesso delle doti necessarie per insidiare il suo predominio. In poche parole, fanciulle affascinanti ma non pericolose, ninfette incapaci di intrattenere il sovrano con nient’altro che non sia la passione carnale, candidi gigli che però “cerebrum non habent”. Giovinette in fiore che ella fa incontrare al sovrano in uno dei sontuosi padiglioni allestito nel Parco dei Cervi, sulla strada per St. Germain, così che a corte si mormora che il re governa sul Parco dei Cervi e lei, la favorita, sulla Francia. Infatti, la potenza personale della Pompadour sul piano politico cresce ogni giorno di più. Scrive il barone Le Chambrier a Federico II: «Si è resa necessaria al re di Francia nei suoi interessi più importanti, per supplire al fatto che egli non aveva più così strettamente bisogno di lei per il suo piacere affinché, legandosi a lei in quel modo, gli sarebbe stato più difficile allontanarla».
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