Nei romanzi, come nei film, ci sono temi e argomenti che spesso ricorrono. Non potrebbe essere diversamente e infatti si dice sempre che tutto è stato detto, tutto è stato scritto e cose simili. E quindi alla fine è il come a fare la differenza e non il cosa. Allo stesso modo ci sono certe tipologie di personaggi che sembrano attirare le simpatie degli scrittori se è vero che ce li ritroviamo in tutte le salse. Nonostante ciò, tutto questo non ha poi molta importanza perché i modi di intrecciare e presentare gli elementi sono talmente tanti (direi anche infiniti) che niente è davvero uguale a qualcos’altro, soprattutto quando scendiamo nell’ambito della narrativa, dove nel gioco complesso di creare una storia subentrano elementi di ogni sorta. E naturalmente possiamo estendere questo concetto anche alla produzione cinematografica. Anche il più fedele dei remake non potrà mai dirsi la stessa cosa del film che vuole reinterpretare. Reinterpretare, appunto. Già questo è significativo. Ogni interpretazione è cosa a sé. Un po’ come nell’opera lirica dove ogni replica è come una prima, singolare nelle sue peculiarità. Un melomane non ascolterà mai la stessa opera anche se dovesse recarsi a teatro per dieci repliche consecutive.
Considerazioni utili queste per parlare di un romanzo che mette insieme tanti di questi elementi probabilmente fin troppo abusati, ma che proprio per questo ci permette di andare oltre ai cliché per trovare nuovi spunti di discussione. Il romanzo in questione è l’esordio letterario di John Katzenbach ed è stato pubblicato in Italia col titolo Maledetta estate (In the heat of the summer, 1982), uscito nella collana Il Giallo Mondadori n. 2523 (nel 1997) e successivamente nella collana Oscar Bestsellers (2004).
Ma prima di addentrarci tra le pieghe del romanzo proviamo ad approfondire con poche parole quanto detto finora. Ci sono in effetti tre elementi che caratterizzano il lavoro di Katzenbach. Tre pilastri sui quali l’autore ha costruito questo romanzo a metà strada tra un giallo e un romanzo psicologico.
L’estate. Già il titolo è indicativo, se addirittura nella traduzione italiana l’estate diventa “maledetta”. Può una stagione essere in qualche modo la protagonista di una storia? Crediamo che a volte sia possibile. Il caldo e l’afa possono rappresentare qualcosa di diverso del semplice corso delle stagioni. Nel nostro caso possiamo dire che sono degli amplificatori. Il lettore sente la temperatura salire a mano a mano che cresce la tensione. Prova quasi difficoltà nella lettura, oppresso dal quel torpore tipico della stagione estiva, quando tutto è fatica e anche pensare diventa un’azione insopportabile. Estate, quindi, il primo elemento caratterizzante di questo esordio letterario. Ma niente è mai una prima assoluta, lo abbiamo appena detto, e Katzenbach non è il primo né sarà l’ultimo a dare un colore particolare a una propria storia attraverso la rigidità del clima, questa volta il caldo, altre volte magari un pungente e rigido inverno. A memoria possiamo ricordare il romanzo di Renato Olivieri con il commissario Ambrosio anche se in quel caso era semplicemente un Maledetto Ferragosto (del 1980, pubblicato nella collana Oscar Gialli n. 269, 1992), o ancora L’estate torbida (Sellerio, 1991) di Carlo Lucarelli. Non possiamo di certo dimenticare La finestra sul cortile (It Had to be Murder, 1942) storia che dalle parole di Cornell Woolrich è passata addirittura alle immagini del maestro Alfred Hitchcock (Rear window, 1954) e parecchi anni più tardi con meno successo nel remake di Jeff Bleckner (1988). Estate, estate, estate. È lì presente e non potrebbe essere diversamente nella Miami infuocata di John Katzenbach. La stessa calda Miami che tanti anni dopo vedrà muovere i primi passi al più incredibile e affascinante dei serial killer nati dalla penna di uno scrittore: Dexter (dai romanzi di Jeff Lidsay, pubblicati recentemente nella collana Il Giallo Mondadori). È qualcosa di più di una semplice collocazione temporale. È anch’essa protagonista. E lo sarà ancora per chissà quanti altri romanzi. È un modo come un altro per far sentire qualcosa al lettore. Forse non originalissimo, ma efficace senza dubbio.
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