I. Introduzione
Forse non si riflette mai abbastanza sulla complessità delle cose. Parlo di tutto, in generale. È l’abitudine che ci mostra ogni cosa più semplice e lineare di quanto in realtà non sia. Che inganno, che assurda semplificazione!E così, come ogni giorno guidiamo la nostra macchina senza fare più caso alle centinaia di azioni che compiamo in pochi attimi, allo stesso modo costruiamo nella nostra mente banali classificazioni tutte molto superficiali, appiccicando etichette di semplicità laddove si nascondono meccanismi perfetti e complessi, come l’azione del guidare, per l’appunto.
E così capita che il Giallo, o la narrativa di genere nel suo complesso, subisca lo stesso trattamento, al punto che in passato alcuni autori, per essere considerati Scrittori dovevano impegnarsi in qualcosa d’altro, di più elevato (chissà secondo quali canoni…), o addirittura usavano degli pseudonimi per firmare quella narrativa che l’opinione comune indicava come di serie b (qualcosa di simile è accaduto agli scrittori di giallo italiani i quali, per avere un’opportunità, usavano pseudonimi stranieri — Harry Arpet, Al Chambry — ma per fortuna qui non era una questione di letteratura alta o bassa, ma solo di mercato).
Poi capita che qualcuno si soffermi un istante a riflettere, andando a fondo, spulciando tra i meccanismi nascosti, ben oltre le parole e… ci si accorge che è tutto dannatamente più complesso, tanto che a volerne fare un’analisi, a volerne parlare suddividendo il genere in piccole parti, ci si rende conto che questi tasselli sono così tanti da poterne fare addirittura un lavoro enciclopedico.
Inutile soffermarci a elencare quanti singoli aspetti compongano il mosaico Giallo, basta citarne alcuni: l’assassino, le vittime, il movente, l’arma, i luoghi, la sorpresa… senza andare nel tecnico.
In queste poche pagine parleremo di un aspetto molto particolare, oggi a uso e consumo del grande pubblico, il quale ha una storia interessante e risvolti considerevoli: l’investigazione corale.
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