Pubblicato nel 1935 e finora inedito in Italia, un giallo ad alta tensione con  uno scioglimento del tutto inatteso è il romanzo giallo dal titolo I morti non lasciano impronte digitali (Dead Men Leave No Fingerprints) dello scrittore americano Whitman Chambers uno scrittore che fu attivo anche nel campo delle sceneggiature per il cinema e per la televisione.

Protagonista è l’investigatore privato Stan Lake che deve intervenire in aiuto di una nota attrice danese.

Nella casa dove si trova l’attrice ci sono altre persone, però poco dopo l’arrivo dell’investigatore, uno dei componenti il gruppo che si trova nella casa, proprio il “fidanzato” della bella attrice, viene trovato morto in una stanza, ucciso con un attizzatoio.

Sulla sua impugnatura vengono trovare varie impronte che potrebbero risolvere facilmente il caso, ma c’è un imprevisto: sono le impronte di un uomo morto un anno prima mentre era in prigione...

 

 

L’autore:

 

Whitman Chambers (1896-1968), nato a Stockton, in California, scrisse diciotto romanzi polizieschi ambientati nell’area di San Francisco e Oakland con storie spesso legate al mondo giornalistico. Autore di vari racconti per le riviste pulp e di soggetti e sceneggiature per il cinema e la televisione, esordì nella narrativa nel 1928 con The Coast of Intrigue, ma fu solo dopo l’uscita di The Navy Murders (1932), realizzato in collaborazione con Mary Strother Chambers, che iniziò a pubblicare con regolarità. Da allora fino al 1945 diede alle stampe altri tredici romanzi tra i quali The Campanile Murders (1933), Murder for a Wanton (1934), 13 Steps (1935, I 13 scalini) e Dead Men Leave No Fingerprints (I morti non lasciano impronte digitali). A partire dal 1946 si dedicò prevalentemente al cinema e solo nel 1953 tornò alla narrativa con The Come-On (Caccia all’uomo). Gli ultimi due romanzi furono In Savage Surrender (1959, Selvaggio abbandono) e Manhandled (1960), pubblicato otto anni prima della morte avvenuta a Los Angeles.

 

 

la “quarta”: 

Con un tipico colpo di testa, la famosa attrice danese Hilda Haan, mentendo spudoratamente ai suoi fan che la credono all’estero, è fuggita con Theodore Raybourne nella sua dimora di campagna solo per scoprire che la promettente storia d’amore è un incubo a occhi aperti.  Per di più il suo (ex) amante minaccia di rivelare al mondo intero la loro relazione se lei non acconsente a sposarlo. Per nulla intenzionata a cedere al ricatto, Hilda decide di affidarsi all’investigatore privato Stan Lake perché la salvi da una situazione che potrebbe costarle la carriera. Con uno stratagemma il detective riesce a farsi invitare nella villa dove la donna è “prigioniera” e lì, oltre a lei e a Theodore, trova un interessante gruppetto di persone: il vecchio patriarca Rufus Raybourne e la ben più giovane moglie Maurine, l’altra figlia Inez con il dottor Pageot suo fidanzato, e infine Farley e Rae Amerton, una coppia di amici sensitivi. La situazione precipita quando, a poche ore dall’arrivo di Lake,  Theodore viene trovato nella propria stanza col cranio sfondato da un attizzatoio. Sull’impugnatura ci sono numerose impronte digitali. Caso risolto? Niente affatto, perché le impronte corrispondono a quelle… di un uomo morto un anno prima nella prigione di San Quintino.

 

Whitman Chambers, I morti non lasciano impronte (Dead Men Leave No Fingerprints, 1935)

Traduzione Dario Pratesi

Polillo Editore, collana I bassotti 104, pagg. 284, euro 14,90