“Benvenuti in Medioriente: un luogo in cui i ruoli sono drammaticamente complicati e i comportamenti inesorabilmente violenti. Isaac Apfulbaum, rabbino estremista, viene rapito dal dottor Isma'il al-Shaath, terrorista fondamentalista, scatenando una grave crisi perfino in un Paese tristemente abituato ai drammi. Le richieste che ne scaturiscono seguono uno schema assai familiare: si pretende che il governo israeliano rilasci un centinaio di prigionieri palestinesi, in caso contrario il rabbino verrà giustiziato. Naturalmente i tempi sono serrati. Elihu, il leggendario capo del Mossad, viene richiamato dalla pensione per gestire l’emergenza. Un piano di pace avallato dagli Stati Uniti, la cui firma è prevista in capo a nove giorni a Washington, sembra poter avere concrete possibilità di successo, ma tutti gli esperti di questioni mediorientali sanno che se il rabbino rapito verrà assassinato le trattative falliranno. Nel frattempo, però, un legame inaspettato potrebbe innescare un ribaltamento dei ruoli e degli equilibri, segnando una nuova tappa in un conflitto che dura ormai da troppo tempo.
I figli di Abramo è un thriller letterario che va dritto al cuore del maggiore conflitto contemporaneo e permette a Robert Littell di essere annoverato tra scrittori come Eric Ambler e John Le Carré.”
E’ con questa sintesi, e soprattutto con quest’ultima affermazione, che la Fanucci presenta in quarta di copertina I figli di Abramo (The Vicious Circle), un romanzo di Robert Littell. Il marketing editoriale fa un regolare uso (purtroppo spesso anche improprio) di comparazioni di questo tipo, di cui non sempre è il caso di fidarsi. Ma, in questo caso, possiamo farlo con serenità: Robert Littell ha dimostrato da tempo di essere, a tutti gli effetti, un vero maestro della narrativa spionistica.
Robert Littell nasce a Brooklyn, nel 1935. Serve la Marina degli Stati Uniti per quattro anni, come ufficiale di rotta e addetto alle misure antisommergibili. Poi lascia la carriera militare e si dà al giornalismo, scrivendo per Newsweek: sono, ricordiamolo, gli anni della Guerra Fredda. Nel frattempo, inizia anche la sua carriera di scrittore. Da vari anni, vive in Francia. Ha prodotto romanzi, saggi e sceneggiature. Il suo esordio di narratore risale al 1973, con The Defection of A. J. Lewinter (1973). Seguono Sweet Reason (1974), The October Circle (1975), Mother Russia (1978), The Debriefing (1979), The Amateur (1981), The Sisters (1986; La scuola del Vasaio, Mondadori 1987), The Revolutionist (1988; Il rivoluzionario, Mondadori 1989), The Once and Future Spy (1990), An Agent in Place (1991), The Visiting Professor (1994), Walking Back the Cat (1997), The Company (2002; The Company, Mondadori 2004), Legends (2005; L’Oligarca, Fanucci 2009), The Vicious Circle (2006; I figli di Abramo, Fanucci 2011) e The Stalin Epigram (2009; L’epigramma a Stalin, Fanucci 2010).
Da The Amateur è stato tratto il film Computer per un omicidio, mentre da The Company una mini-serie TV, che consta di tre episodi autoconclusivi.
Littell viene portato in Italia appena nel 1987, quando la Mondadori pubblica negli Omnibus The Sisters, tradotto con il titolo La scuola del Vasaio, che verrà riproposto (in una versione un po’ “sforbiciata” per esigenze di formato) anche nella collana Segretissimo. Ancora per Mondadori escono Il rivoluzionario (1989) e soprattutto quel must della narrativa spionistica che è The Company – Il grande romanzo della CIA, pubblicato in libreria nel 2004. Anche The Company è stato di recente ripreso (col testo integrale) dalla collana Segretissimo, diviso in tre numeri speciali, usciti in edicola tra il 2008 e il 2009. E’ una saga spionistica che ha trovato anche in Italia un ampio riscontro sia di pubblico che di critica, grazie al mix di accuratezza, stile e sostanziale oggettività: un testo decisamente corposo ma scorrevole, capace di accontentare tutti gli amanti della spy fiction e non solo. Di raccontare di un servizio segreto, di uomini e di un’epoca.
Nel 2009, è la Fanucci a scommettere su Robert Littell. Con il titolo L’oligarca, viene dato alle stampe l’ottimo Legends (2006), vincitore nel 2005 del Los Angeles Times Book Prize nella categoria Mistery-Thriller. Un thriller spionistico, imperniato in un gioco di specchi e di false identità (in gergo, le cosiddette “leggende”, da cui il titolo originale), in cui riemerge un passato che per qualcuno vive ancora.
L’anno scorso, di Littell la Fanucci ha pubblicato invece un testo più mainstream, per quanto legato ad alcuni temi cari all’autore. Parliamo di L’epigramma a Stalin, giudicato il miglior romanzo dell’estate 2010 dal critico letterario del Corriere della Sera Antonio D’Orrico, che lo ha descritto come “un romanzo feroce, disperato, pieno di poesia.” Non è un thriller. Narra invece le vicende del poeta Osip Mandel'stam, il quale, negli anni della Russia stalinista, commette l’errore madornale di scrivere un epigramma ironico a Stalin. Il destino che lo attende è inevitabilmente tragico, e il percorso terribile e doloroso, tra torture, prigionie e campi di lavoro. Una spirale che lo condurrà al suicidio. E’ lo stesso Osip che ci narra il suo inferno, in prima persona.
I figli di Abramo è invece una spy story di alta caratura, pubblicata in lingua originale nel 2006. L’autore intesse il suo intrigante e intelligente intreccio ambientandolo in un’ipotesi di futuro prossimo dello scenario israelo-palestinese; un’ambientazione che, per quanto sorpassata dagli eventi degli ultimi cinque anni, rimane per tanti versi spietatamente attuale. E quanto di diverso è accaduto in realtà nulla toglie né alla trama, né a quanto la trama narrata offre al lettore in termini sia di coinvolgimento sia di conoscenza, ma anche come stimolo a ragionare sulla violenza, sull’odio che si autoalimenta, sulla vendetta senza fine. Su un conflitto perpetuo, vittima di un dannato circolo vizioso.
Robert Littell – I figli di Abramo. Collezione Vintage, Fanucci. Traduzione di Sara Brambilla. Pag. 352. Euro 18,00.
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