I due piani temporali si sono creati perché avevo in mente un personaggio che sarebbe dovuto essere moderno, Elizabeth, che si reca a Istanbul e, ricercando dei testi locali, si trova immersa nella storia di Celia Lamprey, Una giovane donna inglese che viene fatta prigioniera e che finisce poi per fare parte dell’harem del sultano.
Nello scrivere il romanzo sopra citato, aveva già l’idea di un sequel?
Se devo essere sincera non ho mai pensato che Il giardino delle favorite avrebbe avuto un sequel. Una volta terminato, avevo la netta sensazione che quella sarebbe stata la fine della storia e dei suoi personaggi. Poi nella mia mente ha cominciato a crearsi una strana immagine: avevo sognato di vedere una giovane donna semi annegata riversa sulle spiagge del sud Italia, incapace di parlare, senza l’uso delle gambe. Inoltre era del tutto priva di memoria, non ricordava nemmeno il suo nome e come se non bastasse, aveva con se un bimbo molto piccolo, le cui gambe erano fuse insieme come a formare la coda di una sirena. Non avevo la più pallida idea di come quell’immagine fosse arrivata ma non voleva assolutamente lasciarmi andare e in ogni caso era ben connessa alla fine del romanzo precedente in cui Celia Lamprey sembrava essere stata definitivamente uccisa dalla Valide, la madre del sultano. Ho cominciato quindi a chiedermi che fosse questa donna, che cosa le era successo? E poi ho capito che l’unico modo per rispondere alle mie domande era quello di cominciare a scrivere una altro romanzo.
Per scrivere i due romanzi ha dovuto fare molte ricerche? Quanto tempo ci ha messo per scriverli? Ha per caso visitato le città e i luoghi descritti?
Sicuramente adoro fare le ricerche per i miei romanzi. Forse le ricerche sono una delle ragioni principali per cui li scrivo e di certo visitare i luoghi nei quali sono ambientati i miei libri, è una delle parti più importanti. Nel corso degli ultimi anni ho viaggiato molto spesso sia a Istanbul sia a Venezia.
Sugli harem, l’occidentale ha avuto sempre idee particolari. In effetti può dirci come erano organizzati, se è vero che erano sorvegliatissimi?
Una delle cose più affascinanti dell’aver scritto e di essermi documentata sugli harem, è il fatto che quello che ho scoperto, ha completamente cambiato tutte le mie idee (all’occidentale) di quello che l’harem era nella realtà.
La parola harem, deriva dalla parola araba haram che significa proibito e di conseguenza non abbiamo moltissime notizie su come fosse in effetti il mondo dell’harem.
I nomi delle donne che vivevano li sono praticamente sconosciuti, anche quelli delle donne più potenti. In ogni caso, alcune brillanti ricerche moderne che hanno studiato i ritrovamenti presenti nel Palazzo del Tesoro hanno rivelato alcuni fatti molto interessanti che hanno aperto uno spiraglio di luce su come in effetti l’harem fosse strutturato. Era un mondo estremamente rigoroso, gerarchico, nel quale ognuno aveva il suo lavoro, il suo posto e la propria retribuzione.
Inoltre davvero poche delle donne presenti nell’harem arrivavano ad avere rapporti intimi col sultano. E cosa ancora più importante, la persona che aveva più potere in assoluto, non era il sultano, ma la madre del sultano!
Il “turco” nel passato è stato sempre un feroce nemico degli europei. Cosa ne pensa della sua entrata nella comunità europea?
Beh, nella realtà dei fatti, nel sedicesimo secolo gli Ottomani erano degli alleati molto importanti degli Inglesi, quindi è importante sottolineare che il turco, non era quello spauracchio come di solito viene descritto. Devo dire di essere combattuta sull’ingresso della Turchia nella UE.
Da un punto di vista assolutamente personale, vorrei vederli all’interno della UE. Da un punto di vista puramente pratico, mi sembra che l’UE sia già davvero troppo grande e ingombrante, con troppi conflitti di interessi.
Di cosa tratterà il suo prossimo romanzo?
Ah! Sono molto contenta di dire che ho appena cominciato il terzo romanzo della serie cominciata con Il giardino delle favorite. Il questo caso l’idea che è apparsa nella mia mente è quella di un uomo che ritorna a casa in Inghilterra dopo essere stato via per molti anni. Quando incontriamo di nuovo John Carew stavolta è da solo. Ha lo spirito a pezzi e i piedi bendati. Si riposa per un momento in cima ad un percorso per mandriani mentre osserva la valle sotto di lui.
Più in basso, del fumo sale da comignolo di una casa. Vorrebbe andare li ma qualcosa lo mette in guardia. Ha paura…
Che cosa succede dopo? Beh è quello che cercherò di scoprire nel corso del prossimo anno!
Chiudiamo questa piacevole chiacchierata ringraziando l’autrice, persona veramente interessante e cortese.
Un particolare grazie a Francesca Rodella dell’ufficio stampa della Garzanti che ha reso possibile questa intervista.
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