Da adolescente/ragazza cosa le piaceva leggere?  Quali sono state le sue letture formative?

Uno scrittore, è ancora prima un grande lettore. Io ero così da bambina: una divoratrice di parole che un bel giorno si è decisa a inventare le proprie avventure. Da piccola ho scritto poemi, racconti… mia mamma conserva ancora queste cose. Da adolescente ho cominciato a lavorare in radio e mi occupavo della redazione delle sceneggiature; ho continuato a scrivere articoli per varie riviste e quotidiani, saggi, novelle…. Sono arrivata al romanzo in modo evolutivo. Sono una “sperimentatrice”. Ho sempre amato la letteratura latinoamericana: è magica.

Abbiamo letto che si è laureata in giornalismo. La sua è stata una scelta ragionata e voluta?

Studiare giornalismo mi ha aiutato a sviscerare e studiare il linguaggio, a capire fin dove posso arrivare con le parole. La storia poi mi è sempre piaciuta anche se non so se per mia spinta naturale o se sia in parte dovuto al fatto che ho avuto un professore con due occhi azzurri da capogiro che ci raccontava tutto come se fosse una favola. Nonostante tutto avevo una certa tendenza a sognare ad occhi aperti e quando in classe si parlava degli antichi egizi, finivo sempre con l’immaginarmi immersa in una piscina di latte d’asina ad ascoltare i sospiri di un Marcantonio perdutamente innamorato… Deve essere stato per questo che ho finito per scrivere romanzi anziché dedicarmi appieno al giornalismo per cui ho studiato e raccontare la sordida realtà.

Come si integrano l’attività di giornalista, di docente di corsi di scrittura e di scrittrice?se fosse

costretta a scegliere, a quale rinuncerebbe?

Sono una scrittrice. Questo è il mio mestiere. Tutto il resto è divertimento.

Come è nata l’idea di questo romanzo? E perché la scelta di Siviglia e di quel periodo storico?

È successo alcuni anni fa, quando seguivo i corsi per la tesi di laurea in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Siviglia. Una delle materie riguardava il giornalismo nel corso della storia. Cercavano di farci capire come le notizie si raccontino in modo diverso in funzione del mezzo di comunicazione che le riporta, esattamente come oggi. A titolo di esempio ci erano stati dati diversi testi datati 1755 che parlavano di un terremoto devastante che aveva mezzo distrutto Siviglia e danneggiato la Giralda. Uno dei documenti era stato scritto dalla “Faceta de Madrid” (che era il mezzo di informazione ufficiale dell’epoca) e l’unica cosa che diceva era che fortunatamente la famiglia reale era sana e salva. Allora non sospettavo che si trattasse del celebre “terremoto di Lisbona” che aveva causato oltre cinquanta mila vittime provocando uno tsunami che rase al suolo Cadice. All’epoca la scala Richter non veniva utilizzata tuttavia, si è giunti alla conclusione che la magnitudo del terremoto debba essere stata pari a 9.0: paragonabile a quello che ha distrutto Haiti recentemente. Ma ciò che mi ha spinto a immaginarmi questo terremoto come l’inizio di un romanzo è stato uno dei documenti stampati a Siviglia, in versi, da una tipografia gestita da una donna: la vedova di López de Haro. Mi è parso un aspetto affascinante e drammatico al

contempo. Da lì è nato tutto.

Quanto di lei di ritrova nei suoi personaggi femminili e qual è il personaggio di questo romanzo che le assomiglia maggiormente?

Le donne dei miei romanzi sono sempre molto forti. Sono una paladina ad oltranza dei dimenticati dalla storia… e siamo, noi donne, le dimenticate per eccellenza. Dico sempre, un pò scherzando che il personaggio a cui assomigli odi più è Doña Julia perché tutte e due siamo “trafficanti di parole, di lettere”. In ogni caso tutti i personaggi hanno qualcosa di mio; anche i cattivi più cattivi. Altrimenti no potrei farli nascere.

Per scrivere il presente romanzo quanto tempo le ha preso lo studio dell'epoca, la storia, il modo di vivere ecc. ecc.?

Di solito impiego un paio d’anni in media. Il primo anno serve per documentarmi e il secondo per la stesura dell’opera in sé. Scrivere un romanzo è un po’ come cucinare: preparare un piatto pensando di soddisfare gusti e palati molto esigenti. Non sono quel tipo di autrice un po’ petulante che giura di scrivere solo per sé. Scrivo perché chi si imbatte nei miei scritti ne ricavi un’esperienza positiva. Se qualcuno deve passare alcune ore della propria vita leggendo ciò che ho scritto il meno che posso fare è “cucinare un manicaretto” con ingredienti di qualità. In “All’ombra della Cattedrale” ho messo un’oncia di mistero, un pizzico di romanticismo, due cucchiaini di storia, una spruzzatina di scacchi e ho lasciato che tutto si apprendesse… a fuoco lento.

Possiamo dire che All'ombra della cattedrale è sia un giallo storico che una saga familiare con amori appassionati, segreti inconfessabili e misteri del passato. Oppure ritiene che ci sia altro?

Non mi piace etichettare ciò che faccio. Dopo tutto, qual è l’elemento che definisce una “storia”? Cioè, quando una storia comincia ad essere “la storia”? Questa stessa frase è già parte del passato. Se devo dare una definizione de All’ombra de la Cattedrale direi che è il mio romanzo più ambizioso. Prendendo il via dalla metà del XVIII secolo potrebbe essere classificato come un romanzo storico, ma al contempo è un romanzo di mistero, d’avventura, un noir, un romanzo di costume… ma, soprattutto, All’ombra della cattedrale è un romanzo d’amore. Avevo davvero voglia di scrivere sull’amore in tutte le sue declinazioni: l’amore romantico, passionale, l’amore per le altre culture, l’amore incondizionato, l’amore per la famiglia, per le persone nelle cui vene non scorre il nostro stesso sangue ma che amiamo di più di quelle che ce l’hanno … e volevo anche scrivere sull’amore disperato, folle che finisce per trasformarsi in odio.

A proposito di Candela, è un personaggio storico o solo di fantasia?

Come quasi tutti i personaggi che si muovono nel romanzo, Candela è un rompicapo che rappresenta un tipo di donna dell’epoca. È una gitana, una zingara, sigaraia e ballerina di flamenco. Si diceva che i sigari della fabbrica di tabacco di Siviglia avessero un aroma particolare perché le sigaraie li avvolgevano usando come base d’appoggio le proprie gambe. Da lì è nata la leggenda di Carmen. Candela è una donna di razza, forte, coraggiosa, ma dentro il suo cuore si nasconde una bambina spaventata. Conoscerla è bellissimo.

E' molto interessante la descrizione del carattere di donna Julia López de Haro. E’ esistita veramente? Ma in quell'epoca donne-manager (cioè donne capaci di gestire aziende, di trattare affari) erano molto rare. Concorda?

Proprio il personaggio di Doña Julia è stata una delle ragioni che hanno finito per convincermi dell’opportunità della “Nota dell’autrice”. A prima vista può sembrare un manifesto femminista piazzare una donna nel bel mezzo del XVIII secolo a dirigere un’azienda, una stamperia a Siviglia. Ma il personaggio è reale: la tipografia è stata davvero diretta da una donna per alcuni anni. Ciò che mi piace della letteratura è questa possibilità di riscattare i dimenticati della storia, coloro che ne sono rimasti fuori perché tendiamo a plasmare nei libri solo i casi generici.

Quali sono i suoi progetti futuri nel campo della scrittura ovviamente?

Continuare a scrivere. Scrivere è la mia passione ma anche il mio lavoro. Dico sempre che sono una persona fortunata perchè mi pagano per cimentarmi con ciò che altrimenti sarebbe un hobby. È come chiedere a un dentista cosa pensa di fare dopo che ha otturato un dente. Ci dirà che continuerà ad occuparsi delle persone che hanno problemi dentali. Scrivere è il mio lavoro. È ciò che faccio. Di questo si tratta.

Chiudiamo l’intervista ringraziando la scrittrice per la sua disponibilità e cortesia.