- Nel 1540 a Parigi la bottega di Benvenuto Cellini, orafo e scultore, era in piena attività. Assai benvoluto dal re, il nostro artista italiano non conosceva limiti alla sua ispirazione e poteva godere della smisurata soddisfazione di poter realizzare ogni progetto grazie a una grande disponibilità di materie prime e pietre preziose, per non parlare dei ricchi compensi in denaro. Nacquero così alcuni dei più notevoli capolavori del Rinascimento, oggi purtroppo scomparsi, depredati o distrutti: boccali, brocche, bacili, fini e preziose suppellettili concepite per abbellire la tavola di cardinali, signori, principi e re. In quel periodo imperava il gusto per servizi da tavola sempre più sontuosi e le famiglie dei nobili erano costantemente in competizione tra loro per accaparrarsi il primato dello sfarzo e dell’ostentazione. Nei banchetti dell’epoca si esibivano al tempo stesso pietanze elaborate composte con spezie e cibi esotici e suppellettili da tavola realizzate come opere d’arte. Pezzi unici, rarissimi e di valore inestimabile, in oro, argento, avorio, pietre preziose e legni pregiati. Ciò nonostante pare che quando il Cellini presentò il progetto per la saliera, il suo primo committente, il Cardinale Ippolito d’Este, ne rimase sconvolto e fu costretto a declinare la commissione perché, a conti fatti, non poteva permettersi un lusso del genere. Così, quando Benvenuto Cellini passò alla corte del re francese, pensò bene di ripresentare l’idea che questa volta venne accolta e approvata. Ma anche il re, si narra, a lavoro effettuato ne rimase stupito, tanto da recarsi alla bottega per complimentarsi personalmente con l’artista. Ci vollero tre anni per portare a termine quello che è oggi l’unico capolavoro dell’arte orafa del Cellini giunto fino a noi. Scampata alla fusione proprio grazie alla sua particolarità eccezionale, la saliera venne donata da Carlo IX a Ferdinando II, nel 1570. Dalle mani degli Asburgo passò direttamente alle teca del museo Kunsthistorisches di Vienna, dove venne rubata l’11 maggio del 2003.
- Insomma dopo secoli di guerre, rivoluzioni, invasioni e catastrofi varie, alla fine siamo stati noi, gente del ventunesimo secolo, a farci soffiare sotto il naso uno dei pochi capolavori riuscito a passare indenne tra le maglie della storia fino ai nostri giorni?
- Esattamente, Miranda. In effetti è proprio così che è andata.
- Sia pure, ma tu che c’entri?
- Be’ il museo viennese aveva ovviamente assicurato la saliera per una cifra astronomica, così, poiché il capolavoro era di origine italiana, la direzione, al momento del furto, pensò bene di mandare anche me a Vienna per coadiuvare i colleghi austriaci nei primi sopralluoghi.
- E hanno dovuto pagare il premio alla fine?
- Be’ vedi, ti racconto come andò. Dalle ricostruzioni è emerso che furono necessarie ben due persone per compiere il furto del secolo e sottrarre uno dei capolavori più preziosi di tutti i tempi. Un’impresa davvero rocambolesca. L’11 maggio c’erano delle impalcature montate all’esterno del Museo delle Belle Arti di Vienna, per il restauro della facciata. Così i ladri non hanno dovuto fare altro che arrampicarsi, forzare una finestra, rompere la teca e ridiscendere, mettendosi al sicuro prima dell’arrivo dei nostri. Tempo massimo di esecuzione: direi circa due minuti.
- Mi stai dicendo che il museo, nonostante i lavori in corso, non aveva pensato a rinforzare le misure di sicurezza?
- Già.
- E ovviamente, allora, non è stato pagato nulla, vero?
- Infatti.
- Ma allora, scusa tanto, perché mai adesso devi partire di nuovo? Sono passati più di cinque anni ormai. Non capisco che tracce speri di poter trovare...
- Vedi, nel 2004 la sede centrale della compagnia ricevette una lettera che chiedeva dieci milioni di riscatto per la restituzione della saliera.
- Dieci milioni? Ma stai scherzando? Di cosa? Lire, Sterline, Dollari?
- Euro.
- Euro? Ma in Lire, aspetta fammi pensare, in Lire sarebbero… Oddio non riesco a fare il conto…
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