Ed eccoci alla vigilia di Natale. Tanti cari auguri di cuore a tutti i nostri lettori per un sereno periodo festivo. Prima di chiudere per qualche giorno anche noi vi vogliamo regalare due piccole chicche. La prima riguarda il primo capitolo del libro "Sherlock Holmes e la tragedia del Titanic" di William Seil, pubblicato nella collanas "Odissea Mystery n. 9". Domani, a Natale, troverete un altro spunto di un altro romanzo della stessa collana. Buona lettura e a presto.
Capitolo primo: Sera di Martedì 9 aprile 1912
Nella primavera del 1912, arrivato all’età di 60 anni, vivevo da solo in un appartamento in affitto a Piccadilly. Sebbene continuassi a ricevere alcuni pazienti di vecchia data, in linea di massima avevo cessato la professione medica e impegnavo il tempo quasi esclusivamente nella stesura di romanzi storici. Quella svolta nella carriera di scrittore era apparsa alquanto sorprendente al mio editore (non senza parecchia delusione, devo ammettere), che avrebbe di gran lunga preferito che continuassi a scrivere nulla di diverso dal resoconto delle passate avventure del mio amico, il signor Sherlock Holmes. Come favore verso di lui e i numerosi fedeli lettori, di tanto in tanto esaminavo con attenzione i vecchi appunti riguardanti i casi da lui risolti e scrivevo un nuovo manoscritto, senza per questo essere meno rispettoso del desiderio di solitudine e anonimità cercati dal mio amico.
Holmes si era ritirato da tempo dalla gloriosa carriera di investigatore e ora viveva in una piccola tenuta di campagna nelle South Downs. Ben di rado veniva in città, ma più volte nel corso dell’anno ero io a recarmi nel suo ritiro di campagna per informarlo di eventuali notizie da me apprese riguardo alle ultime indagini criminali. Andavo spesso a Scotland Yard a trovare il giovane ispettore Wiggins, che mi forniva descrizioni particolareggiate dei casi più attuali. C’erano anche occasioni in cui lo stesso Wiggins, particolarmente in difficoltà per la complessità di un caso, viaggiava di persona fino nel Sussex per consultarsi con il suo vecchio mentore.
Durante le mie visite, raramente parlavamo dei vecchi tempi, perché non amava molto i ricordi nostalgici. Ogni volta che la conversazione, per colpa mia, vagava verso decenni di antichi casi, lui si alzava dalla sedia e mi portava a osservare uno dei tanti progetti scientifici che si svolgevano in casa sua o nei pressi. Ero sempre riluttante a visitare le arnie che teneva in giardino, anche se completamente protetto dall’abbigliamento adeguato alla bisogna. Ero invece molto affascinato dal promettente lavoro da lui svolto per l’analisi scientifica delle prove raccolte sulla scena del delitto. Mi ricordo di una giornate in particolare, quando ci recammo in una locanda del posto per prenderci dei boccali di birra; si trattava proprio di quello infatti, boccali neppure rigovernati, portati via dal bancone. Dopo aver generosamente pagato il locandiere, Holmes raccolse i boccali con una mano protetta da un guanto e li mise dentro una scatola. Una volta a casa, applicò al vetro vari composti chimici asciutti, con l
'intento di sviluppare un metodo per ottenere i particolari delle impronte digitali che lo macchiavano.
Pensavo proprio a Holmes una notte, seduto al tavolo della sala da pranzo a svolgere ricerche sulle prime battaglie della guerra boera. All’esterno, il vento ululava e una pesante pioggia martellava i vetri delle finestre. Avevo appena aggiunto un altro ciocco al fuoco del camino, ora avvolto dal crepitio della fiamma. Amavo quei suoni, perché l
'appartamento era stato troppo silenzioso dal momento della morte di mia moglie, sei mesi prima. Ripensai ad altre notti di tempesta in Baker Street, quando qualcuno avrebbe bussato alla porta e uno sconosciuto inzuppato di pioggia avrebbe chiesto il nostro aiuto per risolvere un dilemma, con voce impaurita, confusa o minacciosa. Ma erano tempi andati, proprio come tutte le opere storiche messe in fila nelle mie librerie.
Vista l'incapacità di concentrarmi, decisi che per quella sera tanto valeva cessare la ricerca. Lasciati i volumi sul tavolo, avanzai fino alla finestra per guardare nella strada sottostante. Alla luce dei lampioni, osservavo la pioggia che batteva sopra i ciottoli della strada e scivolova veloce verso gli scarichi delle fogne. A parte la furia di Madre Natura, tutto il resto era in silenzio. L’unico segnale di vita era dato da un piccolo gruppo di cani della zona impegnato nella consueta caccia notturna. Stavo per staccarmi dalla finestra e ritirarmi in camera, quando notai un lampeggio di fari che si avvicinava lungo la strada. Una grande auto nera si fermo proprio sotto il mio appartamento. Spense i fari e per diversi minuti sembrò che nessuno avesse intenzione di scendere, poi un uomo scese dal lato del guidatore e corse ad aprire la portiera posteriore. Ne scese un uomo in impermeabile e cappello scuro, che alzò subito lo sguardo verso la finestra. Rimanemmo a fissarci per qualche istante, prima che lui abbassasse la testa e si dirigesse verso la porta.
Lo udii bussare prima ancora di scendere le scale. Sistemai il colletto della giacca da camera, tolsi il paletto e aprii la porta. Una sferzata di vento fredda e umida penetrò nel mio corpo e cominciai a tremare, ma lo sconosciuto rimase calmo sulla soglia, quasi si trattasse di una visita in un normale pomeriggio assolato.
- Dottor Watson?
- Sì.
- Mi chiamo Sidney Reilly. Posso entrare?
- E’ molto tardi. A meno che non si tratti di un’emergenza medica, devo chiederle di ritornare domani mattina.
- Dottore – disse con un mezzo sorriso. – Ho un importante messaggio per lei dal signor Holmes e credo che domani mattina lei si troverà su di una nave diretta in America.
Per un istante rimasi esterefatto, incerto se credere a quell’incredibile affermazione; ma poi, compresi come la comparsa di un estraneo a quell’ora della notte fosse tipica del senso del dramma di Holmes, e dieci anni prima, a Baker Street, non sarei stato così timoroso nel far entrare un misterioso straniero anche a tarda notte. D’altra parte, dieci anni prima mi sarei probabilmente ricordato di infilare in tasca il revolver prima di aprire la porta.
Richiusi la porta e dissi a quell 'uomo di seguirmi di sopra. Una volta in salotto, presi il cappello e l’impermeabile bagnati. Reilly era un uomo di circa quarant’anni, scuro e ben tenuto. Nella sua voce c’era una traccia di accento o di un insieme di accenti. Aveva occhi calmi e penetranti che sembrarono prendere nota di tutte le caratteristiche della stanza mentre si avvicinava al camino.
- Dottore, mi è stato detto che lei è consapevole della posizione di prestigio occupata dal fratello del signor Holmes, Mycroft, all
'interno dei nostri servizi segreti. Lavoro anch’io per il governo, come le confermerà lo stesso Mycroft Holmes quando verrà ad accompagnarla alla stazione domani mattina. Sarebbe stato qui con me lui stesso stasera, se non fossero intervenuti impegni dell’ultimo minuto riguardo ad accordi che doveva prendere per il fratello.
- Mi perdoni lo scetticismo, signor Reilly, ma assumiamo pure per un istante che quanto afferma sia vero. Perché si aspetta di vedermi salire sopra una una nave diretta in America domani mattina? Lo desidera forse Holmes?
Reilly infilò una mano in tasca e mi passò una piccola busta. Sopra c’era il mio nome, con la calligrafia di Holmes. – Non l’ho letta, ma ritengo che possa rispondere ad almeno alcune delle sue domande – disse.
Strappai la busta e lessi il biglietto, datato quello stesso giorno
Mio caro Watson
Capisco che la richiesta giunga in un momento particolarmente triste per lei, ma ho bisogno ancora una volta del suo aiuto. Domani mattina salirò su di una nave diretta in America e non ci vedremo per qualche tempo. Il governo mi ha chiesto di svolgere un’indagine segreta e, vista l’insistenza di alcuni ufficiali di alto grado, ho accettato. Gradirei moltissimo se riuscisse a organizzare le cose in modo da seguirmi in questo viaggio. La mia indagine inizierà soltanto una volta giunto in America, quindi il tragitto sarà tranquillo e rilassante. Un viaggio le farebbe bene e sarai realmente felice di averla con me per l’inizio di quest’avventura. Temo però che una volta arrivati a New York, la mia missione porterà alla nostra separazione, quindi venga pure se può (venga anche se non può). Il signor Reilly le darà il biglietto d’imbarco.
Sinceramente suo
Sherlock Holmes
- Mi ha convinto, signor Reilly. Domani mattina sarò pronto a partire, con le valigie preparate.
- Molto bene, dottore. Questo conclude i nostri affari. Capisce, naturalmente, come ogni cosa che veda e senta, compreso il nostro incontro serale, debba essere trattato nel più stretto riserbo. Il suo amico, il signor Holmes, è incaricato di una missione che potrebbe rivelarsi focale per la sicurezza del nostro Paese.
- Durante il lungo sodalizio con Holmes e i suoi clienti, non ho mai tradito la fiducia concessami. Può fidarsi totalmente di me. Potrebbe dirmi, per favore, in cosa verrò coinvolto?
- Mi duole di non poterla accontentare. Il signor Holmes le dirà quanto possibile, una volta a bordo della nave. Posso solo dirle che il suo amico è una persona difficile da smuovere dal suo ritiro. Sono certo che conosce di fama Winston Churchill, Primo Lord dell’Ammiragliato. Bene, io e lui abbiamo fatto visita al signor Holmes circa una settimana fa per chiederne l'aiuto. Ci ha ascoltato ma non ha perso tempo a dirci di no. Solo dopo il nostro ritorno, con tanto di Primo Ministro e Ministro degli Esteri ha accettato di svolgere l’indagine.
Ridacchiai. Il pensionamento non aveva cambiato affatto Holmes, che era rimasto indipendente proprio come in passato. Anche se ormai si avvicinava alla sessantina, non poteva resistere a una sfida lanciata al suo rimarchevole talento.
Reilly iniziò a muoversi per la stanza, esaminando dapprima il camino, poi le librerie. Dopo aver scrutato ogni cosa con un veloce movimento degli occhi, si girò verso di me con espressione delusa.
- Mi perdoni, dottore – disse. – Ho letto ogni articolo che lei abbia mai scritto riguardo alle sue avventure con il signor Holmes e mi aspettavo di scorgere qualche souvenir dal 221B di Baker Street, come un album di ricordi di Holmes, o una pipa persiana piena di tabacco appesa sopra il camino. Invece qui non c’è nulla e anche nella tenuta di campagna di Holmes c’era realmente poco. Perdoni la mia curiosità, ma cosa è successo a tutto quanto?
Rimase realmente stupito quando scoppiai a ridere della grossa. – Crede nei viaggi nel tempo, signor Reilly? – Mi spostai vicino a una porta accanto al buffet. – Se oltrepassa con me questa soglia, la porterò in un viaggio nel passato tale da far invidia allo stesso Herbert George Wells.
Accesi un fiammifero sfregandolo sulla cappa del camino e aprii
la porta. La luce dalla lampada elettrica sopra il tavolo da pranzo si distese attraverso il tappeto sbiadito vecchio di vent'anni fino alla stanza adiacente. – Questa è l'unica stanza della casa dove non consento la luce elettrica – Il primo fiammifero si era ormai bruciato fino alla punta delle dita, così ne accesi un secondo per illuminare due lampade a olio fissate alle pareti.
- Signor Reilly, benvenuto al 221B di Baker Street. Se si guarda intorno, sono certo che troverà cimeli sufficienti a soddisfare ogni sua curiosità.
Fino ad allora Reilly era stato fin troppo contenuto nel mostrare le proprie emozioni, ma improvvisamente, vista la stanza, gli si illuminarono gli occhi e iniziò a esaminarne il contenuto come preda di un turbine. – E
' meraviglioso, dottore, non riesco a crederci. Proprio come ha descritto l
'appartamento di Baker Street nei suoi racconti.
- Be', devo confessarle che non mi sarei mai aspettato di diventare il curatore di un museo e neppure che la mia vita passata sarebbe finita all
'interno di qualche bacheca, ma quando Holmes se ne è andato dal 221B, non potevo consentire che tutte quelle memorie di tempi felici fossero sparse ai quattro venti. Così, generosamente, lui ha affidato tutto a me, e si è comprato un nuovo arredamento per la casa di campagna. Certo, esistono alcuni pezzi di cui non si è voluto disfare. Per esempio, se guarda il tavolino accanto al divano, vedrà un violino. L'ho dovuto comprare in un negozio di roba usata, perché Holmes si è portato dietro il suo. Gran parte dell'arredamento, però, è originale.
- Laggiù nell'angolo è dove Holmes conduceva i suoi esperimenti?
- Sì, cosacce puzzolenti, tra l’altro. Ero solito compiacermi dell
'aroma del tabacco fumato da Holmes, perché copriva il puzzo di zolfo. Via, mi consenta di farle da guida.
Reilly si mise seduto sulla poltrona in velluto di Holmes e, dopo aver chiesto il permesso, si provò il berretto da cacciatore che stava appeso sull'appendiabiti da parete. Ridacchiò davanti al pacco di lettere fissato alla cappa con un coltello a serramanico.
- Mi dica, dottore. Le lettere VR che sono perforate sulla parete, le ha riprodotte con una pistola come ha fatto Holmes a suo tempo, o ha usato un metodo più tranquillo e convenzionale?
- Ho usato chiodi e martello. Non sono un tiratore preciso quanto Holmes e la polizia londinese al giorno d'oggi è meno tollerante verso il rumore prodotto dai colpi di pistola di quanto non fosse un tempo.
- Il signor Holmes era un uomo rimarchevole.
- Lo è ancora, solo è un po' meno attivo.
L'uomo si fermò di colpo, gli occhi fissi sul pavimento. Poi mi guardò di nuovo, e notai come avesse di nuovo lo sguardo freddo e imperioso di prima.
- Dottore, sono preoccupato per la sicurezza del suo amico e del successo della missione. E' importante che quando si incontrerà con il signor Holmes sulla nave, sottoponga alla sua attenzione alcuni fatti.
- Di quali fatti si tratta, signor Reilly?
- Semplicemente, dottore, che i tempi sono cambiati, proprio come lo è il mondo dove il signor Holmes dovrà portare a termine il proprio incarico. Ha affrontato avversari sia astuti che temibili, ma ognuno di loro si atteneva a certi standard comportamentali all'interno della partita. Non so come definirli, forse una sorta di etica vittoriana... qualcosa nella loro educazione che era in grado di temperarne la sfrenatezza. Dottore, mi creda quando le dico che ciò non è assolutamente vero nello spionaggio attuale. Il signor Holmes si troverà ad affrontare individui cui non importa assolutamente nulla della vita umana e si troverà in enorme pericolo. Se non riesce a diventare freddo e spietato come i rivali, ho il sospetto che non riuscirà a sopravvivere.
Non sapevo come reagire a quella strabiliante affermazione. Dapprima, mi sentii profondamente offeso dal fatto che quel novellino fosse così privo di rispetto per l'esperienza e le capacità di Holmes. Ma qualcosa nel suo atteggiamento dichiarava come dovesse conoscere bene il proprio mestiere e che non fosse tipo da elargire avvertimenti superflui.
- Signor Reilly, le assicuro che il signor Holmes è assolutamente in grado di badare a se stesso. Forse non è più giovane come un tempo, ma la mente è acuta come al solito. Quanto poi agli astuti avversari, se lei ha letto i miei racconti, avrà presente la sfida contro il defunto professor Moriarty. Come forse ricorda, Holmes gli tese una trappola dalla quale il professore sapeva di non poter sfuggire, insieme ai suoi scagnozzi. Al rifiuto di Holmes di tornare sui propri passi, Moriarty ha mandato in più di un'occasione un sicario per eliminarlo. I due si scontrarono per l'ultima volta alle cascate di Reichenbach, dove durante la lotta Moriarty precipitò incontro alla morte. Mi è difficile immaginare un avversario più pericoloso del professore.
- Da quanto rammento, dottore, alle cascate di Reichenbach, prima dello scontro, il professor Moriarty non concesse forse al signor Holmes alcuni minuti per scriverle una lettera, in cui spiegava cosa stava per avvenire? Mi sembra di ricordare dal suo reseconto che lei trovò quella lettera sotto il portasigarette di Holmes, una volta tornato alle cascate.
- Sì, il professore attese il tempo che Holmes scrivesse la breve lettera. Si trattava di una semplice cortesia, che non aggiungeva alcun rischio alla situazione, dal punto di vista del professore.
- Quello che voglio dire, dottore, è che un agente segreto professionista non avrebbe certo affrontato Holmes faccia a faccia, figurarsi dargli il tempo di scrivere una lettera. L'avrebbe ucciso in silenzio, non appena fosse comparso il minimo problema, con un coltello nella schiena o una garrotta attorno al collo. Holmes si troverà a fronteggiare avversari di questo tipo. Sono vivo e lo sto parlando adesso, solo perché sono stato in grado di agire in modo ancora più spietato dei miei avversari.
- Resto fiducioso come sempre delle capacità di Holmes – ribattei, tranquillo. – Ma farò come dice e gli trasmetterò il suo avviso.
- Lo spero, dottore, lo spero proprio. Sono un grande ammiratore del signor Holmes e odierei vivere con il ricordo di essere stato io ad averlo spinto verso l'ultima avventura.
Gli passai cappello e impermeabile mentre aspettava in cima alle scale, pronto a rientrare sotto la pioggia battente. Prima di abbottonarsi il soprabito, mise una mano nella tasca interna e tirò fuori una busta. – Grazie ancora per il viaggio indietro nel tempo, dottore. Ecco il biglietto per domani. Spero che si goda la crociera e per favore ricordi cosa le ho detto.
- Lo farò. Grazie ancora signor Reilly.
Scesi le scale insieme a lui e gli aprii il portone. Camminò fino alla macchina mentre l'autista gli teneva aperto lo sportello posteriore.
Dopo aver rimesso il paletto, tornai di sopra a scaldarmi al tepore del camino. Presi un coltello per il burro, pulito, dalla credenza, e aprii la busta consegnatami da Reilly. Fui felice di vedere come contenesse un biglietto di prima classe, vista l'inveterata abitudine che avevo per alloggiamenti il più comodo possibili per i miei spostamenti. Non si trattava solo di quello, ma anche del fatto che la nave di per sé avrebbe costituito un vera chicca: avrei preso parte al viaggio inaugurale della nave più grande e più lussuosa che avesse mai solcato i mari. Il nome era scritto sul biglietto in orgoglioso corsivo: RMS Titanic.
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