Di Edgar Wallace ho già scritto in altra recensione che guadagnava da pazzi e spendeva da pazzi. Qui posso aggiungere che lavorava da pazzi. Si alzava anche alle cinque del mattino e incominciava il lavoro: vestaglia, pantofole, tè e sigarette a ritrecine (staggese, come a dire a valanga) senza un attimo di pausa. Compresi i fogli e il mezzo con cui scrivere. Idea fondamentale in testa, avvenimenti che potevano prendere una piega diversa da quella progettata. Oggi ci becchiamo L’enigma dello spillo, Mondadori 2009.
“Luke Trasmere, misterioso uomo d’affari, viene assassinato nella sua casa londinese. Un caso che è la quintessenza del crimine insolubile: camera blindata chiusa dall’interno, l’unica chiave ritrovata sulla scrivania della vittima. Ad affrontare l’enigma il melanconico ispettore Carver, di Scotland Yard, e Frank Molland, cronista intraprendente…”
Ma non basta. La camera è stata chiusa anche dall’esterno, la chiave è macchiata di sangue, sangue anche sulla porta sia all’interno che all’esterno, il povero Tasmere ucciso con un colpo di pistola alle spalle, la pistola non si trova, nella stanza sotterranea si trovano invece i gioielli di un’attrice famosa, Ursula Adfern, alla quale sono stati rubati il giorno stesso del delitto. Non manca uno spillo leggermente incurvato che dà il titolo al libro trovato nel corridoio ( ad essere pignoli gli spilli incurvati sono due che in seguito altro morto con altro spillo per terra) e un cappelletto di celluloide di un tasto di una macchina da scrivere (e forse mi sfugge qualcos’altro).
Subito indiziati il cameriere tutto fare Walter che altri non è che un ladro matricolato e un ex socio di Trasmere venuto dalla Cina a minacciarlo pure di morte. Come in ogni giallo di Wallace che si rispetti tipi misteriosi (fra cui una donna velata) che si aggirano furtivi intorno alla casa del delitto e l’innamorato di turno (qui sono due) che perde la testa dietro ad una adorabile e intrigante signorina.
Con qualche nota umoristica sparsa qua e là (vedi la figura spassosa dell’architetto Stott) e qualche spunto di sana sociologia spicciola “Un delitto è da sempre, nel luogo in cui viene commesso, un evento del quale anche gli abitanti del quartiere che ne sembrano più seccati si compiacciono in segreto. Siccome, per quanto si faccia, è impossibile cambiare la natura degli uomini, succede che i giornali vendano un numero maggiore di copie quando riferiscono disgrazie ed episodi di cronaca nera che quando danno belle notizie o trattano di cose che vanno bene, e nulla induce il lettore ad affermare che sul giornale non c’è proprio niente di interessante quanto il leggere che il vicino ha ricevuto una eredità improvvisa”.
E non ditemi che i tempi sono cambiati…
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