Tra horror e film di genere, sembra che l'attivissima Millennium Storm si stia ultimamente interessando ad una recente filmografia italiana indipendente costretta a vivere spesso all'ombra delle major.

Infatti, se già da tempo annovera nel suo ricco catalogo dvd un oscuro titolo come il fanta-grottesco "Tafanos-L'inizio" (2002), firmato Dipteros (probabile pseudonimo di Carlo Giudice e Paolo Marcellini) e riguardante un gruppo di persone intente a far luce su ciò che tre anni addietro portò allo scontro con uno sciame d'insetti assassini, ora mette in circolazione l'ambizioso "La velocità della luce" (2008), primo lungometraggio di Andrea Papini, già tra gli autori del documentario "Nuovo cinema paradosso".

Un noir on the road che ruota attorno alle figure di un ladro d'auto ipocondriaco, un ambiguo chirurgo ed una sprovveduta e maliziosa telefonista che finisce per innamorarsi di una voce, tutti vittime del loro destino ed inseguiti dai propri fantasmi.

Quindi, un prodotto decisamente diverso dalla commedia nera "Misstake" (2008), tecnicamente girata con professionalità da Filippo Cipriano che, interpretata da Remo Girone, Victoria Zinny e la televisiva Anna Valle, si costruisce su un soggetto alla Agatha Christie con uno sguardo generale alla Jean-Pierre Jeunet, tirando in ballo l'ennesimo gruppo di persone attirate in una villa palladiana dal misterioso invito di un conte.

Tre dischi corredati di backstage, trailer e galleria fotografica, come pure "Il rabdomante" (2007) di Fabrizio Cattani, incentrato su uno strambo quarantenne interpretato da Pascal Zullino che, proprietario di una masseria e provvisto del dono della rabdomanzia, ovvero la capacità di scovare le vene idriche sotterranee, si trova improvvisamente a dover aiutare Harja, con le fattezze di Andrea Osvart, venticinquenne dell'est in fuga da un boss della mala pugliese nel business dell'acqua.

Per una commedia ben scritta e girata che lascia tranquillamente emergere, però, un certo retrogusto amaro, identificato non solo nei momenti degli scontri a fuoco, ma anche e soprattutto nella triste ed allo stesso tempo tenera storia di emarginazione su cui si costruisce, non priva di una più o meno latente carica politica.

Solo il backstage, invece, per gli extra del dvd di "E guardo il mondo da un oblò" (2007), il quale, prendendo il titolo dalla nota frase che apre la storica "Luna" di Gianni Togni, porta il cineasta romano Stefano Calvagna al di fuori degli abituali drammi a sfondo sociale, con un'interessante opera che, concepita a bassissimo costo in HDV, sembra porsi a metà strada tra "My beautiful laundrette" (1985) di Stephen Frears e "Clerks-Commessi" (1994) di Kevin Smith.

Con un cast comprendente anche volti più o meno noti del piccolo e grande schermo, da Andy Luotto a Tiberio Murgia, passando per Amedeo Goria, infatti, il lungometraggio si svolge interamente all'interno della lavanderia in cui ha appena trovato lavoro il giovane Luca Seta, il quale arriva a scoprire che la gente, più che dei panni sporchi, ha bisogno di comunicare.