Fermata l’auto,  Franco cominciò subito a metterle le mani addosso, “Ricordi i vecchi tempi? Perchè non facciamo un ripassino?”. Elide avrebbe voluto urlare, sputargli addosso, graffiargli il viso, disse invece nel modo migliore con il quale poteva dirlo “Andiamo di dietro, è più comodo”. Il Bastiani, in un attimo passò al sedile posteriore, “Vieni, cosa aspetti?”,, “ Mi spoglio un po’, è meglio” disse sedendo nuda sul sedile posteriore. Con molta calma iniziò a sbottonargli la patta dei pantaloni “Ahh, allora non hai dimenticato il mestiere! Ma questo fagotto cos’è?” “L’incasso del bar, non vorrai mica che lo lasci incustodito?”, “Brava è così che si fa” disse ancora il Bastiani, ma non parlava dell’incasso. Elide se lo ritrovò totalmente abbandonato, ne approfittò subito per aprire la borsa dell’incasso da dove prese un coltello. Era un coltello da cucina, non molto grosso ma le bastava per ricavarne un senso di protezione quando doveva recarsi da sola a versare l’incasso del bar. Lo aveva arrotato accuratamente, a lungo, era una vera e propria arma. 

“Fermati! Non così… Vienimi addosso”, le chiese quasi implorando Franco Bastiani. Elide si alzò e gli si schiacciò sopra, tra le mani teneva il coltello stretto con una forza che non si conosceva.

Lui, percepì dapprima come una piccola puntura sotto lo sterno, poi un taglio che si allargava e qualcosa di molto duro che lo stava penetrando, quindi uno strappo una lacerazione, che non potè fermare né raccontare a nessuno. La vita se stava andando, accompagnata da un rantolo e da un soffio come di una gomma bucata. Franco, si adagiò lentamente sul sedile con la bocca rilasciata e gli occhi vuoti.

Elide gli chiuse i calzoni, estrasse lentamente il coltello stando attenta a non far uscire troppo sangue, con il golf di Franco si pulì alla meglio dalle tracce di sangue. Pulì anche il coltello. Si rivestì con la vestaglietta di lavoro, scese dall’auto, raccolse i vestiti e si diresse verso casa.

Mentre camminava, pensava “ Adesso, vado a casa, mi faccio una doccia per ripulirmi meglio, quindi pulisco il bagno, poi prendo la vestaglia, la taglio e la metto in cassonetti diversi, il coltello lo butto nel fosso che è qui vicino, no lo sotterro è più sicuro. Prima pulisco il manico però, meglio cancellare il più possibile le impronte. Per quelle sulla macchina, dirò che mi è venuto a cercare ieri. Lo so mi interrogheranno quasi di sicuro, le mie impronte ce l’hanno ed anche il mio passato. L’importante è che non cada in contraddizione. Adesso sistemo tutto, poi voglio dormire fino alle dieci, domani è sabato, il bar sarà pieno, devo riposarmi”.

Già si vedeva al giorno dopo, nel bar come sempre, il lavoro, le solite schermaglie con i clienti, fino alla sera, poi avrebbe aspettato Paolo. “Chissà come sarà preoccupato per aver trovato tutto chiuso stasera, povero Paolo, sempre così gentile e premuroso! Vabbè, dirò che ho avuto un mal di testa, in fondo a noi donne capita spesso”. Un pensiero le passò nella mente “E se…mi confondessi… se fosse Paolo ad interrogarmi…Come potrei negare con lui, capirebbe subito. Ma no, che vado a pensare! Un delinquente come Franco, lo sai in quanti potevano volerlo morto!” “Poi basta con con questo schifo, adesso devo riposare, poi vedremo.” Un desiderio la rallentò “Paolo, se tu fossi qui adesso…” cancellò subito quel pensiero con il convincimento che Paolo non avrebbe potuto fare altro che portarla nuovamente in Questura. “No, basta pensare, meglio dormire, meglio domani con il sole tutto è più chiaro, adesso devo pensare al bar, la vita ricomincia sempre e questa è un’altra partenza”.

Camminava spedita con i tacchi che picchiettavano l’asfalto, la figura snella e formosa apriva ombre in contrasto con le luci della strada, teneva la busta con l’incasso serrata sul petto, i vestiti appoggiati sull’avambraccio, sarebbe stato molto difficile per chi l’avesse incontrata, indovinarne i pensieri.