- Ragionieruzzo bello! Vieni a prendere un prosecchino che ti devo parlare!>>
Bastardo lui ed il prosecchino, oddio buono era buono: fresco, aromatico, con un retrogusto di...di...
- Ecco deve essere stato il retrogusto quello che mi ha fregato, non mi ricordo il secondo bicchiere bevuto, è bastato il primo! Bastardo! Che ci avrà messo dentro?
E dove mi trovo? La bocca e gli occhi incerottati, le mani legate, i piedi incollati a terra! Dove mi hanno messo? in un armadio? –
Questi erano i pensieri del ragionier Ernesto Capigatti, rinchiuso in un uno spazio che dire angusto era poco, dopo un colloquio (colloquio? saranno state tre parole: Buonasera, come va e... buonanotte) con Totò ‘u scecco, mammasantissima di una cosca da anni alacremente trapiantata in Toscana.
Il ragionier Capigatti, lo sapeva da sempre che un giorno ci sarebbe stata la resa dei conti: come è possibile procurarsi ampie creste sul riciclaggio degli euro frutto del sudore della fronte di tanti pusher a giro per Firenze, senza che il boss se ne potesse accorgere? Poi c’era la storia della tratta delle bianche ( o meglio delle nere, visto che erano nigeriane), ed anche lì un tocco qui, una limatina là ed il nostro si era ricavato una piccola scuderia che rendeva, eccome se rendeva.
Roba di lusso, poco rumore, donne bellissime e neve tanta neve: così si era appropriato di una fetta piccola, ma estremamente remunerativa, di mercato.
Era certamente cambiata la vita da quando Ernesto Capigatti, fresco licenziato, dalla Magneti Bodini per qualche fattura un po’ gonfiata a pro suo, non sapeva dove sbattere la testa: casa in collina, figli nelle migliori scuole, vacanze esclusive. Anche Rosaria, la sorella del sottopancia del boss, sposata per convenienza, era migliorata con i soldi e le cure, rimaneva solo una leggera traccia grigionerastra sul labbro superiore testimonianza di un paio di baffi ribelli ad ogni intervento.
Donna baffuta, sempre piaciuta! Si era detto al matrimonio. Ma spesso i vecchi detti hanno uno scopo esclusivamente consolatorio. Lui, però, si era consolato anche in altro modo.
Poi c’era Nadjia...Nadjia, uscita non si sa come da qualche battello della disperazione su una spiaggia siciliana; sarebbe stata avviata alla vita di strada se Calogero ‘u Tinto, il sottopancia, non l’avesse vista e portata come gentile dono al suo signore e padrone.
Per lui era stata la svolta: affogava gli occhi in quella pelle di luna, in quelle parole, dette spingendo in avanti il labbro inferiore come per un bacio. Decise di volerla ad ogni costo, la raggiunse studiandola giorno per giorno, cercando di cogliere il punto debole sul quale attaccare.
Lo trovò: se di un tossico si dice che ha la scimmia sulla spalla, Nadja ne aveva una tribù al completo.
Ingurgitava in quantità qualsiasi cosa che la tenesse lontana dal mondo reale; era impressionante l’autocontrollo con il quale sapeva gestire questa debolezza, ma una tribù di scimmie non si può nascondere a lungo, soprattutto se il cacciatore ha fiutato la pista.
Seppe conquistare la sua fiducia, ne diventò il pusher e poi l’amante. Pochi mesi, ma capaci di farti vedere la vita in altro modo, farti sentire appagato come non mai. Quante fughe in quel casale maremmano, dove sesso, piste e morellino di Scansano erano la colonna sonora del loro tempo.
“Ragionieruzzo bello! Come stai? Tutto bene? Ti dissi che con me avresti fatto strada, come vedi sono stato di parola: adesso farai un ponte! Ricordati chi tocca i fili muore e tu ne hai toccati troppi!” Era la voce di Totò ‘u scecco che lo tolse dai suoi pensieri. Ernesto Capigatti capì bene: sarebbe stato un pilone di una qualche opera pubblica; forse era stato proprio lui a fare partecipare la cosca all’appalto!
Un pilone! In fondo nessuno può scegliere la propria morte ed in definitiva una valeva l’altra. Questi erano gli ultimi pensieri del ragionier Ernesto Capigatti. Ne uscì ancora uno: il testamento!
Sì, il testamento! Dove aveva scritto maniacalmete tutte le attività della cosca, che il notaio Cervelli avrebbe dovuto aprire, oltre che ai suoi diretti eredi, anche di fronte al commissario Allegri della DIA ed al giudice Colasanti della Procura Antimafia.
Bello scherzo per il nostro Totò ‘u scecco!
Prese a scendere il cemento, orecchi più attenti avrebbero potuto sentire un gorgoglìo mentre il pilone si riempiva. Un gorgoglìo come lo può fare un prosecco, fresco, leggero, profumato appena stappato od un uomo che ride a crepapelle con la bocca serrata da un nastro adesivo.
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