“Sbrigati”, sollecita un altro, “che siamo fuori orario già da cinque minuti.”Mario madido di sudore, si sdraia a terra; è sfinito. Le luci si spengono e tutto piomba nel silenzio.Di lì a un quarto d’ora la luce si accende di nuovo; voci, due, tre: è Stefania con gli inservienti che trasportano una grande cassa di legno. Nelle stanze ampie e deserte, parole e rumori sono ingigantiti. Mario attende quasi stregato dal fascino magico di quel suo “gioco”, nuovo e tutto da provare.La teca di vetro che contiene il sarcofago viene aperta, si procede ad un accurato imballaggio; Stefania ordina, interviene, controlla, lo fa con decisione e metodo. Mario ha il cuore in gola, il suo piano è appeso al filo dell’imprevisto: dopo aver chiuso la cassa Stefania andrà via con gli inservienti, oppure, come lui ha ipotizzato, li congederà per rimanere da sola e procedere ad un'ultima verifica, lasciando il coperchio da fissare per la mattina successiva?
Sì, sì, è così: i due salutano, i passi si allontanano.
E’ ora, dài, forza, esci! Tutto è pronto, tutto sembra andare secondo i piani. Attenzione, niente esitazioni, niente errori, un colpo solo, perfetto, pulito; non deve soffrire. Alt, un’altra voce. C’è qualcuno con lei, lì vicino al sarcofago; erano tre gli imballatori oppure Stefania ha portato un amico?
Fermo, immobile; un minimo rumore e sei in trappola.
Mario è al colmo della tensione. Il lieve tremolìo delle mani di poco prima si va trasformando in tremito convulso, rischia di diventare qualcosa di incontenibile. Ma in extremis ecco che l’intruso si allontana.
“Come vuole lei. Se ci tiene a restare.” Borbotta rivolto a Stefania mentre a grandi passi guadagna l’uscita.
Ora tocca a te. Vediamo di cosa sei capace!
Stefania gli volta la schiena, Mario, rapidissimo, le assesta un colpo netto alla nuca con il fermaporte, lei perde conoscenza; pochi secondi dopo le infila la testa in un sacchetto di plastica e glielo stringe al collo perché non penetri aria. E' stato più facile del previsto. Aspetta che sia completamente inerte, controlla il battito della carotide: è morta. Libera la testa dal sacchetto, adagia il corpo con delicatezza dentro il sarcofago, lo chiude; rincalza i trucioli di polistirolo nell’intercapedine, appoggia sopra il coperchio esterno della cassa, abbocca le viti nel loro alloggio; chi verrà domattina deve solo provvedere a stringerle col cacciavite.
E ora calma, calma, non c'è nessuna fretta. Un ultimo sguardo per controllare che tutto sia in ordine e puoi finalmente rilassarti. D’accordo, sei un fascio di nervi e pensieri e per far fronte alla tensione ti sei anche fatto male: qualche traccia di sangue sul palmo delle mani dove hai conficcato le unghie; gli zigomi sono leggermente tumefatti perchè ci hai premuto con forza i pugni; i muscoli della schiena sono contratti e devi camminare piegato; il testicolo sinistro ti brucia perché è rimasto strizzato nel cavallo dei pantaloni per un movimento brusco che non hai potuto modificare; ma in fondo sei finalmente in pace con te stesso.
Ora che farai tutta la notte? Ti passerai di continuo le dita fra i capelli lisciandoli dietro la nuca?
Le prime luci del giorno colgono Mario appisolato su un mucchietto di teli che ha trovato dietro i pannelli. Si sente bene. Quel gioco perverso l’ha reso più forte.
Ecco, arrivano i custodi, parlano, aprono le finestre, nessuno va nelle stanze chiuse al pubblico. Entrano dei visitatori, poi una classe rumorosa, poi un’altra, il Museo comincia ad animarsi; lasciare il nascondiglio è un attimo, Mario esce con passo normale e senza dare nell’occhio.
Subito a casa per una doccia calda e il cambio di abiti. In mattinata tornerà di nuovo qui: qualcuno lo avrà notato ieri?
No, nessuno mostra di riconoscerlo. Sale al secondo piano, chiede informazioni sul sarcofago che non c'è più, fingendosi rammaricato di non poterlo ammirare. E' insolitamente loquace e cordiale. Gli viene spiegato che è partito, proprio quella mattina, per l'Egitto e sarà esposto ad una mostra importante al Cairo.
Bene; soddisfatto? Avevi previsto che gli addetti al trasporto non facessero caso al peso eccessivo e l'assistente non si sarebbe sognato di controllare l’interno della cassa. Bravo, proprio bravo. Ora non resta che aspettare: in Egitto la sorpresa sarà un vero exploit del crimine e le indagini riempiranno le prime pagine dei giornali.
Ti sei reso conto, vero, che hai dimenticato di andare al lavoro?
Oddio! Mannaggia al cretino che sono. Ora telefono e mi invento un febbrone da cavallo, tanto per almeno un paio di giorni nessuno verrà a controllare. Quando poi sapranno di Stefania, allora avranno di che parlare.
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