”Commissario, qual buon vento…”.
“Anche voi! Non mi porta nessun vento, massimamente buono. Magari ci fosse un po’ di vento! Con questa afa beato chi respira”.
“Poi, lei, via…in giacca e cravatta!”.
“Non mi rammentate questa autoflagellazione. Ognuno ha i suoi problemi…Ma veniamo a noi…”.
“Commissario…dalla faccia… non ci dica che ce n’è una nuova perché non ci crediamo”.
“Allora, vorrei che uno per uno veniste qui a questo tavolo che vi devo far vedere una fotografia. Uno per uno, ripeto. La cosa è seria e quindi rispondetemi dopo avere guardato attentamente”.
Tutti guardarono attentamente ma nessuno riconobbe la poveretta.
Prime scoperte
Avere insieme tre persone riunite nel mio ufficio come Manganelli, Serbelloni e Rinesi era da comica. Due che non parlavano e dovevano parlare e uno che parlava anche troppo quando, magari, doveva stare zitto.
“Bene, bene, bene eccoci ancora una volta riuniti per cercare di risolvere anche questo caso…”.
“E lei che si lamentava che a Siena e dintorni non succedeva mai nulla di eclatante!”
“Manganelli, non è il momento di sottolineare…Non credo che il Signore, o chi per lui, abbia fatto uccidere alcune persone per farmi contento”.
“No, però…”
“A Manganè, diamoci un taglio”.
“Diamocelo”.
“Anche perché questa povera ragazza merita un discorso serio. A proposito, hai saputo chi è?”.
Manganelli fece il solito sorrisetto furbastro seguito da una spallucciata come per dire “E c’è bisogno di chiederlo?”.
“Commissario, lei mi sottovaluta”.
“No, no io ti considero proprio quello che sei, stai tranquillo. Tira fuori il rospo e falla meno lunga”.
“La povera ragazza è, anzi era, Maria Esposito di ventidue anni, abitante a Siena in via Petrucci 4”.
“Bel colpo. E come hai fatto…”.
“Mi permetta di mantenere il segreto. Ho i miei mezzi di ricerca personali che vorrei tenere ben custoditi”.
“Non è che per caso questi mezzi di ricerca personali si siano avvalsi di una telefonata che i genitori della ragazza in questione hanno fatto alla polizia non vedendola tornare a casa? La butto lì, tanto per indovinare”. Il volto di Manganelli si cosparse di un omogeneo rossore.
“Beh, non è proprio così..ma, insomma…andiamo al sodo, commissario”.
“Andiamoci”.
“La ragazza è figlia unica di genitori provenienti da Napoli, aveva diciotto anni e frequentava l’Università di Siena. Una brava ragazza, studiosa, senza grilli per la testa, aveva il suo moroso come hanno tutte le ragazze di quella età ma senza nulla di serio. Almeno per il momento”.
“Hai parlato con i genitori?”.
“Solo con la madre per telefono. Pensavo che ci volesse parlare di persona”.
“Hai fatto bene. Ci andremo dopo avere fatto quattro chiacchiere anche con i miei devoti esperti della scientifica”. A sentire quattro chiacchiere i due incominciarono ad agitarsi, perché per loro erano già tante due parole. Non ho mai trovato nella mia lunga vita persone così diverse nel fisico ma spiccicate identiche nell’essere restie a tirar fuori il fiato di bocca per esternare le loro idee. Per carità brave persone, seri professionisti, il Serbelloni medico legale e il Rinesi esperto, espertissimo della scientifica. Studiosi e sinceramente attaccati al lavoro. Niente da dire sui loro rapporti estremamente dettagliati, precisi e scritti, tra l’altro, in buon italiano. Il che non guasta. Il guaio veniva durante il passaggio dalla parola scritta a quella orale, e per tirargli fuori una sola frase c’era da sudare come i dentisti. Mi guardarono con sospetto.
“Calma, ragazzi, non c’è nulla da temere. Dovete solo farmi edotto delle vostre scoperte. Chi per primo vuole incominciare?”. Mai domanda ebbe effetto più negativo.
“Visto che tutti e due non vedete l’ora di aprire bocca decido io chi incomincia per primo. La parola al nostro medico legale Serbelloni”. Il quale Serbelloni, si asciugò il volto con le sue manine paffute, si sistemò meglio sulla sedia che conteneva a malapena una parte del suo posteriore, sbuffò due o tre volte e alla fine incominciò, mentre tutti eravamo fissati su di lui come fosse la Sibilla Cumana “Non ho avuto molto tempo per esaminare accuratamente il cadavere, ma posso dire con una certa dose di certezza che la ragazza è morta per strangolamento tra le dieci e le undici di questa mattina”. Detto questo sbuffò di nuovo e smise di parlare.
“La ringrazio per lo sforzo che ha fatto, ma, dico io, qualche altra notizia non guasterebbe. Per esempio, si sono notati altri segni di violenza sul corpo?”.
“No, ma c’è un altro particolare”.
“E che aspetta a dircelo!”.
“Ecco, prima di morire strangolata, con una certa difficoltà, tra l’altro…”.
“Come sarebbe a dire?”.
“Sarebbe a dire che l’assassino ha dovuto stringere ripetutamente il collo per ottenere il suo scopo. I segni lo dimostrano in maniera inequivocabile”.
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