Giulia era una brava donna, una esperta cuoca e aveva tanti altri pregi, per carità, ma quando incominciava a parlare non la finiva più e allora io di tanto in tanto accennavo di sì con la testa come se la stessi ad ascoltare fino a quando il pranzo era terminato e lei finiva le sue straordinarie avventure con un “Allora, come le è sembrato?” a cui rispondevo immancabilmente con un istintivo“Eccellente!” che poteva andar bene sia per il pranzo che per l’interminabile racconto. Dopodiché me ne scivolavo nel mio studio, mi prendevo un buon caffè all’uopo preparato, mi accendevo un sigarello di quelli stretti e lunghi che avevano sempre colpito la mia fantasia di ragazzo e mi mettevo a gironzolare intorno alla mia biblioteca che era ben fornita e che mi era di molta compagnia. Qui, però, bisogna tirar fuori un tarlo che mi rode da un bel po’ di tempo e che mette in causa i mi babbo detta alla toscana, l’avrò già detto mille volte ma lo ridico, un testone di quelli…Insomma io ho avuto sempre una predisposizione per la letteratura, mi piaceva leggere e scrivere, ho fatto le superiori, mi sono iscritto all’Università. Quello era il mio sogno…ma c’era anche bisogno di lavorare e questo benedetto genitore, la mamma no perché era sempre dalla mia parte, mi ha costretto a lasciare gli studi e ad entrare nella polizia. Lui era già brigadiere a Poggibonsi, aveva delle conoscenze e batti e ribatti mi convinse, oggi direi forzò, a prendere quella decisione. Ma l’amore verso i libri è rimasto e piano piano mi sono costruito una discreta biblioteca, tutta bene organizzata con i libri catalogati uno per uno che è un piacere vederli. La mia prima passione sono stati i gialli, non tanto quelli tutto scazzottate, violenze, inseguimenti, all’americana, insomma per intenderci, o i noir patologici dove chi è più sano ha una demenza senile conclamata, ma quelli dove conta il lavorio delle cellule grigie, dove la scena si svolge in un piccolo paese lindo e pulito e il massimo evento di crudeltà è schiacciare le formiche mentre si cammina. Insieme ai gialli sono poi venuti i testi umoristici perché il riso fa sempre bene e via via tutti gli altri, tra i quali anche quelli di scacchi da quando avevo imparato questo stramaledetto gioco durante il primo caso del cavalier Pelosi trovato una sera morto stecchito proprio al circolo di scacchi. E dire che agli inizi, quando sono arrivato a Siena, mi lamentavo che lì non succedeva mai niente di particolarmente eccitante! Ma sulla mia biblioteca non la faccio lunga ora, perché ci ritorno di sicuro. Dunque, dicevo, stavo puntando qualche libro come un cane da tartufo, quando ti arriva la telefonata. Non una telefonata, badate bene, ma la telefonata che io immediatamente capivo dal momento sbagliato in cui veniva fatta e dal trillo nervoso del telefono.
“Pronto, commissario?”.
“Insomma…”.
“Pronto, commissario, mi riconosce?”.
“Mi faccia pensare. Lei dovrebbe essere il procuratore Silvestri. Ci ho azzeccato, come direbbe il buon Di Pietro?”.
“Ah, bene, non capivo quell’insomma, ma penso che sia una delle sue solite battute”.
Due parole sul procuratore Silvestri bisogna che ve le dica. Ho già detto che ho novanta anni ed un piede nella tomba. Dunque sarò sincero. Mi servo di due o tre metafore per fare più presto. Una piattola, una rogna, un gatto attaccato ai coglioni che veniva a stuzzicarmi nei momenti più inopportuni. Sempre al telefono. Mai che l’abbia visto, che so, nel mio ufficio o nel suo, o meglio ancora sul luogo del delitto. Per una ragione o l’altra non poteva venire e mi perseguitava con questo aggeggio diabolico e mi spingeva a fare presto, a risolvere il caso alla svelta per il buon nome di Siena, della città del Palio che tutti ci invidiavano. E immancabilmente finiva l’intervento buttando giù il ricevitore senza nemmeno un saluto o un semplice arrivederci.
“Dunque, commissario, ho saputo di questo nuovo caso increscioso, incresciosissimo, che ha colpito ancora una volta la nostra stupenda città…”.
“Purtroppo…”.
“E lei mi sa dire solo purtroppo?”.
“Ma, vede, in questo momento, con il pranzo sullo stomaco…”.
“Ma lasci stare le sue egoistiche situazioni personali e metta subito in moto il cervello!”.
“Senza avere digerito il cervello non ha poi tanta voglia di mettersi in moto e non mi pare che l’avere mangiato rientri nella categoria delle situazioni egoistiche personali”.
“Oh, non me la faccia lunga con i soliti distinguo, via quel purtroppo che mi fa orrore e si metta subito al lavoro. Intanto, chi è la ragazza uccisa? Perché mi hanno detto che si tratta di una ragazza”.
“Procuratore, la ragazza è stata ritrovata solo qualche ora fa. Stasera inizieremo le indagini e vedremo...”.
“Ma che stasera e stasera, si butti fuori dal letto…”.
“Sono solo nel mio studio…”.
“Insomma esca dal suo studio e mi cerchi questo nuovo assassino che, a quanto pare, ha ancora a che fare con la combriccola degli scacchisti di cui, non lo neghi, anche lei fa parte”.
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