“Non fosse stato per l’anello violaceo attorno al collo e la ferita sopra l’orecchio, avrebbe potuto essere immersa nel sonno. Il suo pallore era come un velo d’olio che rifrangesse una dozzina di sfumature di viola e indaco a mano a mano che lei si venava di scuro, a mano a mano che il suo corpo cedeva l’ultimo resto di calore. Era come se stesse ancora morendo e dovesse continuare a morire a lungo, fino a che fosse scura e gelida come una scoria di carbone.”

“Pensò alla ragazza all’obitorio e al suo corpo, e l’immaginò viva, insieme a tutte le cose che fanno le donne, le stesse che per lui erano incomprensibili: come doveva essersi seduta a pettinarsi i capelli con indolenti colpi di spazzola o a dipingersi le unghie delle dita dei piedi; come la sua voce, le dita delle sue mani, le sue sopracciglia dovevano essersi piegate a esprimere centinaia di sfumature, tenui come preghiere; come il suo vestito doveva caderle dalle anche, sfiorandole i polpacci. In tutto questo vedeva come la sua bellezza in vita potesse essere stata insopportabile quanto la sua bellezza in morte, e come, per quanto ridotta a un nudo cadavere, marmorizzato dal freddo e dal sangue che si congelava, molestato e sondato da coroner e investigatori, lei restasse inconoscibile, perduta alla cerchia di chi la conosceva. E benché questa non fosse una risposta a nessuna delle cose a cui aveva pensato, si ritrovò a parlare alla ragazza morta:

— Troverò il bastardo che ti ha ammazzato. E lo farò per amor tuo.”

Minnesota, 1939. Il tenente di polizia Wesley Corner, vedovo, rude e delicatamente malinconico deve indagare su un caso del quale farebbe volentieri a meno. Si tratta del cadavere di un’incantevole showgirl. Uccisa. Ricostruendo la vita di costei, incappa in un personaggio grande e grosso, ma dall’innocenza di un bambino. È Herbert White: mister White, appunto. Un ragazzone tutto casa e lavoro, ma dall’hobby un po’ ambiguo. Fa fotografie. Fa fotografie alle belle ragazze. A casa sua. L’ultima bella ragazza è la showgirl uccisa.

Ovviamente, non è stato lui a ucciderla, non potrebbe far male a una mosca. Ma non può… saperlo: mister White soffre di spaventose amnesie. Ogni giorno, si annota in un diario ciò che ha fatto. Viene messo sotto osservazione speciale. Fino a quando c’è un secondo assassinio: un’altra ragazza di compagnia, cui lui fa fotografie e per la quale ha un debole, viene trovata cadavere. È stato lui? Lui stesso non può negarlo. Gli viene consegnata una confessione preconfezionata: mister White decide di firmarla: ammette che nel suo diario non c’è nulla che confermi il duplice assassinio, ma neppure nulla che lo scagioni apertamente. Se la polizia crede questo, pensa White, forse ha ragione.

Caso chiuso? Per la legge sì. Non per il malinconico tenente, che sollecitato da un amore giovane, sensualissimo e fresco come una rosa, ricomincia a tracciare il perimetro degli omicidi. Due delitti, una sola firma. Due inchieste per un unico colpevole, forse quello sbagliato. A cavallo tra Raymond Chandler e John Steinbeck, il racconto tormentato rimbalza dalla cella di mister White all’indagine del tenente. Fino alla fine, struggente e assolutamente inaspettata.

Realtà e illusione, passato e presente, fede e memoria: nelle pieghe del romanzo di Clark, La confessione di Mister White, in una prosa elegantissima e un’umile fedeltà ai canoni del racconto d’investigazione, fanno capolino temi importanti e dolorosi che toccano la vita di ciascuno, ben al di là della pur necessaria ricerca di un colpevole. Straordinario incrocio tra narrativa gialla e letteratura d’autore, La confessione di mister White rappresenta uno degli esiti più alti e convincenti della fusione tra il mystery popolare e il romanzo mainstream, con in più un’intensissima descrizione dell’America di fine anni Trenta. Per la sua bellezza, La confessione di Mister White ha vinto l’edizione 1999 dell’Edgar Award, il più celebre premio statunitense dedicato al genere giallo.

 

Robert Clark

Nato a St. Paul, Minnesota, ma residente a Seattle con moglie e due figli, Robert Clark è uno dei narratori di punta della scena letteraria americana dell’ultimo decennio. Lungi dal dedicarsi esclusivamente al genere poliziesco, è autore di alcuni romanzi mainstream che l’hanno imposto prepotentemente all’attenzione di critica e pubblico (In the Deep Midwinter, Love Among the Ruins, My Grandfather’s House). Nel 1999, La confessione di Mister White si è aggiudicato l’“Edgar Award” come miglior giallo statunitense dell’anno.

Robert Clark,

La confessione di Mister White, Hobby&Work, pp. 290, 18 euro